24 dicembre 2008

AUGURI SCOMODI di Don Tonino Bello

Spero nella rinascita di un umanità rinnovata a partire dal ripensamento radicale del nostro modo di vivere, ormai intollerabile, per questa povera unica nostra terra.
In Questa vigilia, che spero sia anche di riflessione, vi voglio rendere partecipi di un messaggio, quello di un uomo di chiesa, un grande uomo di chiesa, Don Tonino Bello.

"Non obbedirei al mio dovere di vescovo se vi dicessi “Buon Natale” senza darvi disturbo.
Io, invece, vi voglio infastidire.
Non sopporto infatti l’idea di dover rivolgere auguri innocui, formali, imposti dalla routine di calendario.
Mi lusinga addirittura l’ipotesi che qualcuno li respinga al mittente come indesiderati.
Tanti auguri scomodi, allora, miei cari fratelli!
Gesù che nasce per amore vi dia la nausea di una vita egoista, assurda, senza spinte verticali
e vi conceda di inventarvi una vita carica di donazione, di preghiera, di silenzio, di coraggio.
Il Bambino che dorme sulla paglia vi tolga il sonno e faccia sentire il guanciale del vostro letto duro come un macigno, finché non avrete dato ospitalità a uno sfrattato, a un marocchino, a un povero di passaggio.
Dio che diventa uomo vi faccia sentire dei vermi ogni volta che la vostra carriera diventa idolo della vostra vita, il sorpasso, il progetto dei vostri giorni, la schiena del prossimo, strumento delle vostre scalate.
Maria, che trova solo nello sterco degli animali la culla dove deporre con tenerezza il frutto del suo grembo, vi costringa con i suoi occhi feriti a sospendere lo struggimento di tutte le nenie natalizie, finché la vostra coscienza ipocrita accetterà che il bidone della spazzatura, l’inceneritore di una clinica diventino tomba senza croce di una vita soppressa.
Giuseppe, che nell’affronto di mille porte chiuse è il simbolo di tutte le delusioni paterne, disturbi le sbornie dei vostri cenoni, rimproveri i tepori delle vostre tombolate, provochi corti circuiti allo spreco delle vostre luminarie, fino a quando non vi lascerete mettere in crisi dalla sofferenza di tanti genitori che versano lacrime segrete per i loro figli senza fortuna, senza salute, senza lavoro.
Gli angeli che annunciano la pace portino ancora guerra alla vostra sonnolenta tranquillità incapace di vedere che poco più lontano di una spanna, con l’aggravante del vostro complice silenzio, si consumano ingiustizie, si sfratta la gente, si fabbricano armi, si militarizza la terra degli umili, si condannano popoli allo sterminio della fame.
I Poveri che accorrono alla grotta, mentre i potenti tramano nell’oscurità e la città dorme nell’indifferenza, vi facciano capire che, se anche voi volete vedere “una gran luce” dovete partire dagli ultimi.
Che le elemosine di chi gioca sulla pelle della gente sono tranquillanti inutili.Che le pellicce comprate con le tredicesime di stipendi multipli fanno bella figura, ma non scaldano. Che i ritardi dell’edilizia popolare sono atti di sacrilegio, se provocati da speculazioni corporative.
I pastori che vegliano nella notte, “facendo la guardia al gregge ”, e scrutano l’aurora,
vi diano il senso della storia, l’ebbrezza delle attese, il gaudio dell’abbandono in Dio.
E vi ispirino il desiderio profondo di vivere poveri che è poi l’unico modo per morire ricchi.
Buon Natale!

Sul nostro vecchio mondo che muore, nasca la speranza."

23 dicembre 2008

LA FORMA DEL TEMPO

Ricordo la mimosa
fiorire in un giardino lontano,
l’allegria delle ore,
il mondo ricolmo d’amore promesso,
il cielo riparo,
la notte piena di stelle,
la città materna
accogliere l’emozione del ritorno a casa.

19 dicembre 2008

Al di là della cortina del tempo
vagano
rarefatte
parole..
echi di vite
passate

16 dicembre 2008

FRATELLO MIO

fratello mio, se ci riesci
non interrompere il flusso dei sentimenti,
cerca per quanto puoi di essere coerente,
considera sempre la tua piccolezza,
non anteporre te stesso agli altri.
Raccogliti ora,
e guarda dritto negli occhi di chi ti sta di fronte,
amalo se puoi,
con un intensità e un trasporto superiori,
accoglilo nel tuo mondo,
vibra al risuonar delle sue parole
pensa sempre che davanti a te
c’è un mondo che si apre,
un cuore in cerca di ristoro.
Se puoi,
sii sempre presente a te stesso,
accetta della vita le sofferenze
che ti porrà davanti
e spera,
mi raccomando,
spera,
in un mondo migliore,
nella pace,
nella fraternità universale.
Ricorda che non sarai mai solo,
che ci sarà sempre qualcuno
che avrà un dolce pensiero per te,
anche per un attimo.
Ricorda che non c’è parola,
che non aspiri al cielo,
volatile e leggera,
sappi che ci incontreremo ancora
e ancora ritroveremo i suoni
che ci cullarono un tempo
quando felici e liberi ci lasciavamo bruciare
dal sole della speranza feconda.

27 novembre 2008

ready made

Sei nella Città,
che vaghi in balia delle onde.
e La notte,
miri lontane aguglie
guizzare sospese, nel tetro remare della corrente,
senti il trambusto squillante dei motori
dei potenti tiranni del giorno,
la città è polimorfa,
sei già vicino alla battigia
il mare è nero petrolio
plastico corrispettivo della pioggia
che scende....
d'un tratto
...ti ricordi delle piccole macchie
di tintura di iodio,
sulla gamba,
sul fianco ferito,
dopo la discesa violenta ed esuberante
incontro al mondo proscenio di marinai arbusti
e gazzelle donnole
ecco Lontano si ode un BASTA...
Basta... coi corifei della lotta di popolo....
del mai sia.
Accade qualcosa di strano
in quella casa rosso fuoco,
in quella casetta sorella,
casetta riscaldata,
da visioni di mondi disfatti,
di vittime murate.
"Suvvia, dolce signora, sweet lady charity, m'aiuti
a rinvenire la notte sali e scendi
sui muri artefatti
sulle salite scoscese,
scarichi i muli di Antropes,
e vada a trovare la mamma
che geme affranta sul tetto di casa,
poi giochi con sempre-verde Katy.
Intanto ad oriente una tempesta d’agosto
mi procura fastidi indicibili,
sulla cute erosa dalla salsedine.
scende dai monti capretta beata,
scenderà dal nulla il crotalo estremo,
e un agitato tremore di mani
sospenderà il ritmo delle notti
e un sogno riverberato di luci riflesse
brillerà sulle fiancate di automobili grigio metallo
e si farà largo
sui sedili confortevoli di auto pe(n)santi,
strombazzanti,
in parata,
davanti al mitico magico
museo di Duchamp.

25 novembre 2008

Di notte a sperare l'aurora

e se ci fosse una piccola luce,
una lucciola ebbra che danza al crepuscolo?
e se la notte non fosse che l'attimo a precedere il giorno...
...dove saremmo adesso?
se di muschio e rugiada profumassero stelle,
e di tiepidi soffi s'infocasse l'aere...
saremmo di notte a sperare l'aurora?
(Roberta La Torre)

11 novembre 2008

LA PROVA DI FORZA

Credere è una bella cosa,
ma mettere in atto le cose in cui si crede
è una prova di forza.
Sono molti coloro che parlano come il fragore del mare,
ma la loro vita
è poco profonda e stagnante
come una putrida palude.
Sono molti coloro
che levano il capo
al di sopra delle cime delle montagne,
ma il loro spirito
rimane addormentato
nell'oscurità delle caverne. (Gibran)

09 novembre 2008

MEA CULPA

Uno dei problemi più acuti di oggi è costituito dalle difficili condizioni del convenire, nell'assenza di una genuina etica della comunicazione. Nella dissolvenza di tale etica, diventa un impresa disperata ogni comune progettazione della forma del vivere bene in comunione. Senza un riferimento forte al "bene comune" la politica rischia di degradarsi a lotta di tutti contro tutti, di tramutarsi in pura sopraffazione.
Obama cerca di riannodare i fili di una purificazione rigenerante della politica sul terreno dell'etica, combattendo strenuamente l'eclissi contemporanea del senso della verità.
La vita buona in comune, nell'ambito di istituzioni giuste, non costituisce un lusso ma una componente necessaria di essa.
Se noi non volessimo, come d'altronde facciamo correntemente, prender parte ad alcuna decisione politica, già avremmo preso la decisione più nevralgica: cioè quella di lasciare ogni guida ed orientamento nelle mani delle minoranze governanti al presente, lasciandoci sospingere e condurre innanzi.
Solo questo ragionamento può consentirci di riscoprire la necessità e la verità della politica, come dell'etica: mostrare l'interna aporia di coloro che, respingendo a parole ogni impegno, ed io sono uno di questi, assumono di subire una politica ed un'etica della peggior specie: quelle della passività e dell'acquiescenza.
L'Yes we can - suona così come un monito a definire lo spazio comunitario del vivere con,
luogo elettivo dove si istituisce la politica come speranza del cambiamento.

07 novembre 2008

VISIONI. Yes we can.

La grandezza della politica sta nella capacità di avere visioni,
di fare sognare...
grazie Obama..
grazie America..

"Si, noi possiamo,
c'era un credo scritto nei
documenti dei padri fondatori
che proclamava il destino di una nazione,
Si, noi possiamo,
era sussurrato da schiavi e abolizionisti
mentre tracciavano una scia
verso la libertà attraverso la più oscura delle notti,
Si, noi possiamo,
era cantato da immigrati
mentre si avviavano da terre lontane
e pionieri che si spingevano ad
ovest verso lande desolate,
Si, noi possiamo,
era la chiamata dei lavoratori
che si organizzarono,
delle donne che ottennero il suffragio,
di un presidente che scelse la luna
come nostra nuova frontiera
e di un Re che ci portò in cima
alla montagna e ci mostrò la via
per la terra promessa,
Si, noi possiamo,
per la giustizia e l'uguaglianza
Si, noi possiamo,
per le opportunità e la prosperità,
Si, noi possiamo,
sanare questa nazione
Si, noi possiamo,
riparare questo mondo!
Si, noi possiamo!
E così domani quando porteremo questa campagna
dal Sud all'Ovest,
impareremo che le rimostranze dei lavoratori
tessili Texani in Spartanburg
non sono così differenti dal dramma
di un lavapiatti di Las Vegas,
che le speranze di una ragazzina che va
a scuola a Dillon
sono le stesse dei sogni
del ragazzo che vive ed impara
sulle strade di Los Angeles,
ci ricorderemo che c'è qualcosa
che sta accadendo in America,
che non siamo così divisi
come ci dipingono,
che siamo un solo popolo,
siamo un unica nazione
e insieme inizieremo
il prossimo grande capitolo
della storia Americana
con tre parole
che risuoneranno da costa a costa
dal mare al mare scintillante
YES, WE, CAN."
storico discorso elettorale tenuto da B. Obama a Nashua, New Hampshire l'8 gennaio 2008.

05 novembre 2008

Le sofisticate forme
che determinano gli eventi
negli acciaiosi scenari del mondo..
..difficili da comprendere…
le origini nell’acqua..
le miserie umane…
la vita che...
scorre
e passa….

04 novembre 2008

nel silenzio

Nel silenzio
chiudo gli occhi
in ascolto
ecco
flll flll
un frullare d’ali
nella sera,
sottile crepatura del tempo.

31 ottobre 2008

LA PRESENZA DELL'ASSENZA

E' necessario sublimare la presenza dell'assenza, che vuol dire accettare le distanze come tali, definirle come non misurabili, non lasciarsi toccare, attraversare dalle cose, dagli accadimenti e diventare manifestazione compiuta dell'incorporeo...musica...poesia...

30 ottobre 2008

Benedizione Irlandese

Che il vento nei vostri capelli
vi porti il palpitare della vita.

Che i vostri piedi lascino nella polvere
orme di speranza.

Che nell'oscurità
voi udiate battere il cuore del prossimo.

Che le vostre mani si protendano
come porte che si aprono.

Che le vostre bocche trasmettano
quanto vi è dato di ricevere.

Che le vostre orecchie colgano
quello che le parole dicono solo a metà.

E che la grazia del Signore vi accompagni
anche là dove non vorreste andare.

27 ottobre 2008

RIVERBERI DI VITE PASSATE

...dischiudere le mani
al cielo
nel tempo che passa…
correre
a piedi nudi
correre a perdifiato
contro l’azzurro

c’è dell’altro
oltre l’agonia dei giorni
frasi sopite
sguardi non dati..
speranze di vita

..rifugiatasi nell’ombra
dell'agosto remoto…..
.. trovò favole e nenie
e lacrime di gioia?

22 ottobre 2008

ANIMA MUNDI

Proviamo a immaginare l'anima mundi
non già come una divina
e remota emanazione dello spirito
che sta al di sopra del mondo e lo circonda,
un regno trascendente di potenze,
archetipi e principi;
e neppure come panpsichico principio vitale unificatore,
immanente nel mondo materiale.
No, proviamo a immaginare l'anima mundi
come quella particolare scintilla d'anima,
quella immagine germinale,
che si offre in trasparenza in ogni cosa nella sua forma visibile.
Allora anima mundi indica la possibilità di animazione
offerte da ciascun evento per come è,
il suo presentarsi sensuoso come volto
che rivela la propria immagine interiore:
insomma, la disponibilità di ciascun evento
a essere oggetto dell'immaginazione,
la sua presenza come realtà psichica.
Non solo animali e piante infusi d'anima,
come nella visione dei romantici,
ma l'anima data con tutte le cose,
le cose della natura, date da Dio,
e le cose della strada,
fatte dall'uomo.
Il mondo esiste in forme, colori, atmosfere, qualità tattili:
un ostensione di cose che si autorappresentano.
Tutte le cose mostrano un volto,
il mondo essendo non solo un insieme di segni in codice
di cui decifrare il significato,
ma una fisionomia da guardare in faccia.
In quanto forme espressive, le cose parlano;
mostrano nella forma lo stato in cui sono.
Si annunciano,
testimoniano della propria presenza:
"Guardate, siamo qui".
E ci guardano, indipendentemente da come le guardiamo noi,
dalla nostra prospettiva,
da ciò che vogliamo fare di esse e da come di esse disponiamo.
Questa immaginativa richiesta di attenzione
è il segno di un mondo infuso di anima.
Non solo:
a sua volta, il nostro riconoscimento immaginativo,
l'atto fanciullesco di immaginare il mondo,
anima il mondo e lo restituisce all'anima. ( James Hillman)

20 ottobre 2008

CAREZZAMI

è sola
e sta male
ansima
freme
ha paura
la mente sconvolta,
il corpo raccolto..
“ Carezzami, soffio vitale,
teporentro le mani
e tu, vischiosa saliva
ristai in gola
e scendi nelle mie cavità articolate
perverse.
Produttiva saliva
moltiplica quest’esistere
d’acqua,
di terra,
d’aria,
di fuoco,
mi chiedo, ora come non mai
quanto di ciò che si perde
rimane attaccato …….”.

18 ottobre 2008

LE MIE ONDE

Sciogliti sul mio corpo

onda chiassosa che tace l'amore

lascia sulla mia pelle

la tua spuma salmastra

e avvolgimi con spire

che cantano di sirene ammaliatrici

ed eroi ammaliati

di legni infranti tra scogli improvvisi

di anime per sempre disciolte nel sale. (Roberta La Torre)



16 ottobre 2008

TERRA DI HURQALYA HA UN ANNO DI VITA

E’ trascorso un anno, da quando s’è iniziata l’avventura di terra di hurqalya, ed urge un ritorno alle origini, al primo post pubblicato il 16 ottobre del 2007, tante cose sono state trascritte dopo, pensieri, poesie, riflessioni varie.
Riproporre LA CURA, oggi, dimostra che il tempo è relativo, virtuale,
un anno è un soffio.
La cura è un incipit vita nova,
e compiutamente racchiude il senso di ciò che questo sito vuole essere, un luogo in cui l’attenzione verso le cose non è frutto di un interessato coinvolgimento che mette al primo posto il sé, ma è il portato di una sensiblerie, di una passione che riempie la terra, empateticamente, e si perde in essa.
In questo luogo che è meta di poeti, filosofi, letterati, architetti etc etc. si sono dipanati e si dipanano percorsi verso un non so dove, che non si raggiunge mai, che è rappresentato solamente da una tensione a….ad andare, al viaggio, e che si trova sempre un po’ più in là di dove si è…..
P.S.: Cerco sempre anime pie che coinvolte spiritualmente dai percorsi tutti ascensionali di questa terra, luogo di fioriture, possano manifestarsi, con un sibilo, con un cenno, per dire e rendersi partecipi di questo mondo come figli di una rinnovata sensibilità.
A voi hurqalyani il mio accorato appello, alla partecipazione, al coinvolgimento.

LA CURA

“Un piccolo paese è un paese
che è stato grande
e se ne ricorda”
(georges simenon)

Monforte.
Per me rappresenta la necessità di affermare una modalità di pensiero che si situa, in controtendenza rispetto ad un pensiero unico, indisponibile a scendere a patti con i luoghi, un pensiero che si sovrappone e azzera ogni parvenza di continuità nella storia.
Cosa vuol dire, oggi, vivere entro le spesse mura della vita che scorre ancora lenta;
E‘ rubare attimi al tempo tiranno della contemporaneità, attimi di fioritura, di una densità esistenziale ineguagliabile.
E’ trovare nei luoghi, nella roccia dell’Immacolata ad esempio, il punto di giunzione tra reale e immaginario, e per ciò stesso, una vedetta protesa sulle distese infinite, tra cielo, terra e mare.
“ sentinella, oh là, che vedi …”
nascondere attimi all’oblio, alla dimenticanza della continuità tra passato e futuro, nel presente.
È essere simbiotici al luogo-volto che rimanda ad una fisiognomica del paesaggio, fatta di contorni definiti, di passaggi temporali, di interstizi liminali , carichi di vissuto, nella manifesta possibilità di rigenerare le cose, poeticamente.
È cancellare le forme del soggettivismo tecno-estetico, calato dall’alto a stuprare la materia urbica, tentando di ricostruire il con-senso, a partire dal riconoscimento del potere trasformante di chi abita i luoghi.
È leggere le cose come manifestazioni dei luoghi, che dai luoghi traggono la loro energia, ricomponendoli, senza farne astrazione ma mantenendoli vivi, attraverso un pensiero inclusivo, capace di ritornare ad un tempo dell’uomo, un tempo biologico, scandito dal battito del cuore.
Un tempo vivo, non condizionato dai paradigmi dello sviluppo tout court, corale, volto ad inaugurare un processo di ricoscientizzazione ecologica, una rinnovata attenzione all’oikos, al fare anima.
Monforte, come frazione-mondo, rappresenta l’urgenza di ritornare alla cura dei luoghi, reimparando un gusto dell’operare nel nascondimento, in compagnia
“di un pensiero involontario e non progettante, non il risultato frutto dello scopo e della volontà, ma di un pensiero necessario, unico, che viene su da solo, “
non chiamato, risposta ad una consonanza dei sensi, aperti allo stupore.
Il dono.
E’ un vezzo dello scrivente, non rimanere ancorato entro i ristretti ambiti di pertinenza disciplinare dell’amata architettura, che gli si confanno, ma cabotare su plaghe letterarie straniere, a voler nominare i luoghi, novello geografo, per definirli.
Nello scrigno di pietre e vita chiamato Monforte, l’opera dello sguardo è ancora viva, facciamo che non si perda, perché essa è leggera, è fatta di aurea materia, di sguardi che si incrociano e comunicano, dentro vie strette ed anguste.
Il significato del racconto è riposto nella necessità di ristabilire un nesso esistenziale tra le cose.
Il luogo.
Porta Terra, nei pressi della porta urbica, il campanile di S. Agata mima una sentinella che attende il vociare dei bambini, sempre più pochi, a rompere il silenzio.
Quella mattina, era tutto un aprirsi d’usci di case che ritmavano il nostro inerpicarci lungo le vie, sentivo me stesso, Caterina, le sue allieve e le case vicine, uniti, nell’integralità di una comunione spirituale; in certe occasioni preda d’una particolare disposizione d’animo, non si è astrattamente pieni delle proprie soggettive facoltà raziocinanti, ma si partecipa empateticamente ad un evento, con tutti i sensi in ascolto che vibrano, totalmente ricettivi, in un moto di accellerazione emotiva che si nutre dell’intorno e ne è nutrito.
Eravamo assorbiti dal luogo, il nostro argomentare fluiva libero entro gli ambiti gerarchizzati del borgo, fermandosi, per non transvolare sul limitare della linea di demarcazione dei tetti, la mitica linea di seconda natura, il luogo caro agli dei pagani, le nostre frasi compendiavano le immagini, i suoni, gli odori, che ci arrivavano dall’alto, dal basso, da ogni dove, in un crescendo percettivo, preludio di sorprese future.
Dai balconi, si squadernava, un tempo, il paese delle coperte, delle lenzuola dei letti disfatti da riassettare, a celebrare il nuovo giorno mischiando la freschezza del mattino alla pesante aria notturna, l’afrore dei corpi stagnante, all’interno delle stanze della vita, che si bagna di nuova linfa.
Questo passato, dal respiro profondo delle pietre, ci ammaliava.
Il corpo nel corpo.d’un tratto dal corpo maturo d’una donna nell’aria si spanse, la grazia.
C’è un disegno sotteso del mondo che si esplica nell’intreccio e si concretizza nella matrice decorativa delle cose, nell’organico dipanarsi dei racconti di pietra, nella piena e vitalistica coscienza del proprio essere terra e soffio, o soffio di terra.
Come definire altrimenti, quel meccanismo virtuoso, legato all’imponderabilità dell’accadere che prepara e origina gli eventi nel tempo, l'agire sposò la sua propria forma e una donna, questa donna, si diede a noi come manifestazione di un umanità possibile, come sapienza profondamente legata ai cicli naturali dell’esistenza; essa e solo essa, in un anfratto di spazio tempo, riscattava con un gesto di libera espressione dello spirito il suo mondo, e, lo faceva, semplicemente, volgendo gli occhi verso noi, ricolma del pudore – candore pieno di poesia della mano piena della poesia dei fiori di campo appena raccolti, freschi di terra, come a dire, con una naturalezza disarmante, eccoli qui, dall’eternità, vi attendevano, erano pronti ad essere donati.
Penso a come quest’impercettibile sequenza nel titanismo delle imprese della contemporaneità sembri piccola cosa, ma rivestiamola del retroterra culturale da cui proviene e ci accorgeremo di quanto eravamo migliori, come uomini, più brutti, più sporchi, ma sani, ricchi dentro, nella sua trasparente semplicità quel fiore è dunque un ponte, una colleganza , un tentativo di recuperare le distanze di avvicinare due rive, sempre più lontane..Attraverso l’integrale rappresentazione dello spirito oblativo della donna viene esaltato, un amorevole gesto di accoglienza, in tal senso, è Monforte che trascendendo la sua finitezza, si sostanzia nel seno di questa madre prodiga, e nel monte dell’Immacolata metafora della grande madre, Monforte si riscatta dall’oblio, dalla dimenticanza che il tempo presente le riserva.
Le nostre radici ci chiamano, al lavoro del campo, ognuno nel suo, lungi dall’idealizzarlo, esso va ricoltivato, bisogna andare a scoprire la nobile arte di Columella, perché in essa è riposto il senso d’uno splendore antico, quel corale mutuarsi delle stagioni della vita in un divenire regolato dalla conoscenza, costituente la comune identità in cui ci si riconosce e si è riconosciuti.
Questi fiori, propongo di ripiantarli in seno alla terra demarcata, varcata che si sia porta terra, a rinnovare il rito fecondante, contrastando l’arretramento dell’uomo verso il nulla della propria solitudine orgogliosa, nell’ incapacità di donare e di donarsi.
Questi fiori saranno preghiera rivolta al cielo, carezzevole cielo che li ha visti nascere e donare a riempire il vuoto delle nostre distanze, infinite, radicali.

14 ottobre 2008

Pongo alla vostra attenzione una citazione di Mario Tronti tratta dal libro " Politica al Tramonto": - Si pensa alla politica allo stesso modo che si fa politica, nel conflitto, con l'abilità delle mosse e la forza delle idee, avanzando, attaccando e aggirando le posizioni dell'avversario, facendo prigionieri tra i pensieri degli altri e liberando i propri, immaginazione e conoscenza, visione dell'insieme del fronte e cura della battaglia qui e ora -.
Tutto è generato da questo travaglio, dall'impari lotta tra desiderio e realtà....

13 ottobre 2008

I CERVELLONI

I cervelloni dell'economia assistita,
oramai non v'è più un alternativa a questo,
il laisser faire è morto e sepolto,
stanno studiando come ricapitalizzare le banche..
qualcuno li informi, però,
che serve ricapitalizzare l'economia reale,
che serve rivitalizzare il tessuto economico,
contagiato da questa crisi ineluttabile...
dopo anni di finanza creativa, peste del nuovo millennio.

09 ottobre 2008

Cambiare si può


Io non ho la concreta percezione
di quanto accade intorno a me,
è come se vivessi in una bolla,
un entità introflessa che mi permette solo di navigare a vista,
preso come sono dalle mie cose,
dalle mie pretestuose espressioni di vita,
tutti voi sapete com’è: battiamo tante strade/piste,
morsi dall’estro, partecipi di una corsa frenetica,
si scorrazza in lungo e in largo,
suonando il clacson,
peee peee,
per farci largo nella confusione,
per farci notare,
e ritagliarci un pezzetto di storia,
la nostra piccola storia, da raccontare, la sera.
Anche in questo momento, quanti di noi ,
mentre scrivo, 
nell’apparente quiete della sera,
si stanno dando  da fare,
e stanno  schiacciando con veemenza,
il peee peee,
come estremo consuetudinario segno di un inabitudine al silenzio
diventata prassi del vivere sociale,
siamo totalmente immersi nel caos
assuefatti dall'assordante rumore di fondo
che si leva dal basso,
dalla pancia del mondo.

Abbiamo abbandonato, 
il silenzio della meditazione
immagine del tutto pieno,
simbolo di una conoscenza introspettiva che si apre al mondo.

Cambiare si può, si deve...

Soffermiamoci sulle nostre traiettorie esistenziali,
scaviamo un solco profondo tra noi e la disattenzione
di cui è pieno il nostro quotidiano,
misuriamoci con l’esigenza sempre più pressante di capire cosa siamo diventati,
cosa ci attraversa, ci riempie, ci accoglie, ci condiziona, ci ama.
Stiamo vivendo
una piega del tempo,
piena delle nostre contraddizioni,
stiamo permettendo al nulla di irretire la nostra realtà
di condurla verso l’assenza di ogni prospettiva,
in una lacerazione del senso, frutto purtroppo, e ce lo dobbiamo dire, spesso di  improvvisazione, banalissima, miserabile.. improvvisazione
non sanno, non sappiamo quello che facciamo, è storia...
siamo drammaticamente vuoti,
privi di conoscenza...
schiavi della banalità..
.. del male.
Come reagire a tutto questo..
occorre, innanzitutto,  essere presenti a se stessi
abitare poeticamente, la terra sotto il cielo,
connotare il proprio spazio esistenziale
misurandolo, circoscrivendolo,
ridando slancio alla vitalità,
degli incontri
per modellare e dare forma compiuta
alla nostra esistenza.
Qui  il discrimine, cher amis...
tra il vivere e il morire...

29 settembre 2008

L'INFINITO AMORE

Son passato avanti a te mille volte

e non ti ho vista splendere nel mio cielo,

anteponevo me stesso a tutto

Tu, dolce luna

bagnavi di luce la mia notte,

speranzosa e rifulgente…

smarrito nel buio,

mi risveglio alla luce,

perchè mi avvicino a te,

e sento che solo tu mi riscaldi..

il mio cuore…..

il tuo....

pulsanti,

irrorano di sangue la terra,

la concimano,

è certo che

nasceranno nuovi frutti,

da questo infinito amore.

26 settembre 2008

L'ASCENSORE

Ricercavo "anima"
nel dilatarsi dello spazio verticale
nelle pieghe del tempo,
nelle prospettive possibili dell'esistenza.
Poi d'improvviso tutto si spanse
in un moto vorticoso del cuore
un energia cosmica
trasformò ogni cosa in un altra
in un turbinio di suoni, di colori, di forme nuove.
Caparra dell'ebrezza sublime degli spiriti sottili
o passione che rivolge e fa tremare la terra ?

24 settembre 2008

L'ETERNO GIORNO

Tutti i Re e tutti i loro favoriti,
tutta la gloria di onori, bellezze e ingegni,
il Sole stesso, che crea i tempi com'essi passano,
è più vecchio di un anno, ora, di quando
tu e io la prima volta ci vedemmo:
tutte le altre cose volgono alla loro distruzione,
solo il nostro amore non ha decadimento;
questo, nè domani ha, nè ieri;
correndo, mai corre via da noi, ma fedele
tiene il suo primo, ultimo, eterno giorno. ( J. Donne)

22 settembre 2008

LA FORMA

Lascia che le parole si sciolgano,

scorrano libere....

e fa che io sia tutto in tutti

che senta

esista

pars pro toto

che agisca come brezza leggera

e non occupi spazi per non toglierli a te

che mi stai accanto...

a te che ignaro 6 della mia pesante esistenza.

... E poi ti chiedo..

..aiutami a cercare e trovare negli occhi degli altri la verità,

ad essere specchio...

ad agire per aggiungere

per essere segno di speranza

sempre alla ricerca del senso della vita

senza sottrarmi,

senza negare mai

che la forma è sostanza.

15 settembre 2008

SOLE

Il tuo sguardo
apre in me una culla
da cui s'irradia
l'essenza del mondo..
profondità piena
splendore di luce
rivelante
l'infinita tenebra
che ci avvolge..
Non temere..
mio sole,
risvegliati alla luce
da una brezza spirituale
raggiungeremo l'estasi
che più non si ritrae.

13 settembre 2008

HO SETE

Ho sete d’infinito,
Il mio sguardo riposa su impalpabili contorni
Di già l’ombra è calata
e il cuore ricerca un porto sicuro,
“ dormi tesoro, cullata dalle onde
ti porterò in salvo, la notte passerà..”
le stelle, antiche compagne,
s’avvicendano a tracciare la rotta,
da solo respiro gli umori del mondo
e piango…

SONO CONTRO

Sono contro le architetture di carta,
quelle che si vedono nelle riviste patinate, raccolte di pezzi sparsi, d’un gigante smembrato, come lacerti di carne ricomposta dove non c’è anima… si perde nella levigata politezza di pagine e pagine che raccontano di forme concluse, anteriori, sganciate, staccate, ignare del mondo, oggetti dello show business mediatico, spettacolarizzate…. architetture di carta, bellissime… razionali quando non creative.
Occorre uno sforzo ulteriore, intellettuale, e riandare alla radice, alla radicalità del pneuma, nella certezza che sarebbe meglio, molto meglio, blandire, sfiorare fisicamente la suburbia, immergersi nelle stanze dello spirito, abitarne l’interno, all’interno, architetture di cartone, di lamiera, storcinata, contorta, riposte su tonnellate d’immondizia, prodotto semplificato, raccolto, derubricato dalla genetica progressiva del grande mercato, che è materia d’architetti. Appunto. Starsene lì, ad ascoltare il soffio del vento che sibila e crea opere d’arte espressive, suoni come rigurgiti di civiltà alla deriva, come volti che vivono quest’onta nella speranza d’una rinascita..ascoltare, vedere, sentire empateticamente come si muove quest’umanità dimenticata, sentire il loro canto di sofferenza..musica celeste…”la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo”.
Ditemi , oggi, il senso di quella missione rigenerante cui siamo stati chiamati da giovani a scuola, quando alcuni, non tutti c’insegnavano le ragioni morali del nostro ruolo, e questo faceva breccia e diventava passione., amore, pathos. dove sono costoro, i cantori della “mission”, hanno forse autisti, aerei, vivono lontani nel loro mondo incantato, dove non soffia spirito, come non soffia nelle asettiche stanze del potere accademico, politico, non so….
Così pochi illuminati o creativi vengono collocati in vetrina, con le loro architetture, poste, calate, su piccolissime risibili parti di questo immenso, complesso mondo che ci troviamo a vivere, male.
Architetture di carta, nate già morte, ..demoliamole sulla carta, per la carta, a causa della carta, scrivendo col sangue sulla carta , il nostro sangue che rigenera….linfa profonda che si spande…
Da anni non compro più riviste, i miei riferimenti architettonici sono i volti, i luoghi… Il mio, il tuo…il vissuto, traggo da lì i miei spunti e li trascrivo e scrivo la storia, la mia la nostra, partendo dalla trama iridescente che illumina questo mondo, energia che promana dalle cose, che attende di essere percepita, compresa, nuovamente e sempre.
Empatia.
Sono contro il lezioso, pedante blaterare di colleghi architetti, che pontificano, sentenziano, si esprimono certi che il loro sguardo saccente faccia da paravento a tutto, figli partoriti male, legati a doppio filo a logiche di potere, senz’anima; li senti raccontare, descrivere il mondo, ma la loro storia è autoreferenziale, parlano sempre e solo di se stessi, si parlano addosso, reiterano messaggi, la loro architettura è la loro architettura, richiusa, introflessa, non appartiene al mondo.
pazzi architetti servi del padrone.
Sono contro le fibrillazioni, la tesi secondo cui la percezione dinamica del movimento deve essere doppia tripla, deve in un escalation entropica autorappresentarsi, nemesi della catastrofe Thomiana, auto compiacimento espressionista, non architettura perché ne scardina le ragioni sostanziali, l’essere misura di tutte le cose, pietra che delimita il mondo e lo richiude.
Sono contro……

05 settembre 2008

..condividere
l'espressione esausta
di un rancore..
di un dolore...
che si dilegua
ombra fra ombre
nell'infinita manifestazione dell'io

22 agosto 2008

Per Alda

Leggendo Alda Merini e il suo "Diario di una diversa"
scoprire la meraviglia di un vitale esempio d'infusione amorosa,
leggendola...col cuore... attraversati dal filtro che è pathos, di una comprensione dello spirito
che senza sosta insuffla di se il mondo riuscire a com-prendere che il manicomio
è stato il luogo dove si è manifestato in tutta la sua diabolica rilevanza il nulla terapeutico..
in cui come estremi frutti di esecrando dolore,
odore di morte e d'abominio
nidificavano suoni, cromie, umori
che erano fonti di vita
plurime irradiazioni di un sogno di normalità...
la poesia...
" Rimuovo
le antiche muraglie
per trovare
le praterie del sogno
e incontrare te,
pane incontaminato
che prendo con le labbra.
Sentire la tua lingua di bosco
e l'ansia salina del tuo respiro,
il cuore si ferma
è il battito delle ali di un'anima
che forse se ne va
per morire d'amore. (Alda Merini)

16 agosto 2008

SUBLIMAZIONE

Nel luogo dei sogni,
ho cercato il tuo volto
per racchiudervi tutto
l’amore che ho dentro,
ti ho cercato nella speranza di un incontro
di uno sguardo,
di un attimo condiviso,
pienamente.
Ora so,
ho la certezza
che tutto quello che la vita mi ha voluto dare,
si sublima in te,
che sei l’essenza di tutto cio’ che mi appartiene.
Desidero i tuoi occhi fissare i miei
su fiumi di parole di lode,
d’amore.

10 agosto 2008

il tuo cuore
il mio cuore
uniti
oltre lo spazio e il tempo..

31 luglio 2008

LE NOSTRE VITE

ESISTERE
E' uno sfiorarsi continuo
di anime innamorate,
attaccate alla terra
nel vano tentativo di coglierne di più
di sostare di più
sotto questa immensa volta celeste.
Come scorri
mia vita
e muti le cose, le forme
e d'un tratto te ne vai
parti, non ci sei più,
qui con me,
con noi.
Cosa farai, dimmi,
lontano dagli sguardi
ricchi di complicità,
lontano dalla felice, spensierata,
complicità degli affetti.
Forse questa gioia di vivere
te la porterai dentro,
come follia dell'esistenza
che fibrilla,
come vera architettura del cielo.
Oggi,
Rammenta che quando vivrai
i tuoi giorni più duri
io ci sarò
in quei giorni grigi,
tristi
ci sarò
per una sola volta,
ti vedrò
addormentarti entro i confini della mia anima
e continuare a vivere di ricordi,
questa grazia infinita
sono certo
maturerà
frutti impensati.

30 luglio 2008

NAZIM

Il più bello dei mari
è quello che non navigammo.
Il più bello dei nostri figli
non è ancora cresciuto.
I più belli dei nostri giorni
non li abbiamo ancora vissuti.
E quello
che vorrei dirti di più bello
non te l'ho ancora detto.
Hikmet

27 luglio 2008

LA MADDALENA

Questa calura estiva, porta con sè, la sera
attimi di riflessione profonda, d'un tratto
è come se il tempo si fermasse,
e mi sfilano accanto, dolci antiche compagne, ombre di luce
echi di letture lontane
forme ricomposte della depressione,
tra tutte spicca una voce potente,
Alda Merini che si fa Gesu'
e sussurra, ascoltate:

" Maria Maddalena
sei fatta di terra come tutte le cose del mondo,
ma il tuo volto, Maria,
va oltre le mie speranze.
In te vedo la creatura del Padre
e la creatura mia.
Sei fuoco e amore,
sei l'amore che incendierà il mio corpo,
ma sei anche l'amore
che lo renderà puro.
Tutto ciò che hai conosciuto, Maria,
è menzogna,
è al di fuori della morte di tutti i tempi.
Ma alzati,
tu sei la regina del mondo,
tu hai asciugato i miei piedi stanchi,
li hai lavati con le mie lacrime.
O Maria,
soltanto peccando
hai potuto conoscere
l'uomo che era in me.
Soltanto tu potevi avere pietà
dei miei piedi trafitti dalla stanchezza
e soltanto tu
hai potuto baciare i miei chiodi
prima della crocifissione.
Avevi capito tutto,
hai conosciuto la carne dei peccatori
e hai baciato la carne dell'uomo giusto.
Perciò io ti salvo.
Non ti toccherò
come hanno fatto gli altri uomini:
bacerò la tua fronte di fanciulla
di cui tutti hanno abusato
perchè eri soltanto una bambina.
In te rivedo mia madre:
tu, Maria, hai abbeverato il mio sangue
con la tua stanchezza
e hai bevuto le mie lacrime
prima che io le spargessi
sulla Croce".

23 luglio 2008

LA PRATICA DELL'ARCHITETTURA

La pratica dell'architettura per quanto mi riguarda è strettamente connessa alla riflessione filosofica, rientra in questo quadro la ricerca di rapporti fra edilizia e metafisica (giustificazione delle forme in base a motivazioni religiose), fra edilizia e fisica (ricerca di una base numerica, proporzionale e prospettica comune sia ai fatti cosmici che ai fatti figurativi) e la tendenza a valutare il fatto edilizio in chiave etico morale.

18 luglio 2008

A CINZIA

Sotto questo cielo piombo,

sei sfiorita

e nessuno… di chi ti aveva visto sorridere

potrà richiamarti

a ripercorrere la via…

te ne sei andata..

naufraga

con la prora puntata

verso interminabili marine,

scivolando silenziosa sulla brezza silente

sul rifrangersi dell’onda

che t’accolse leggera,

oggi sei presente come la marea…

continui a vivere, dentro

nei sogni,

sentinella del mattino

estremo fiore d’amor perduto.


LA TUTELARE DEL LUOGO

Nel Dicembre della nostra cultura preserva in qualche luogo il seme segreto,

sotto la montagna,

sotto e fra le squadrettature dei rilievi topografici dell’Ariete

quando egli squadra il circolo del mondo.

Dolce Mair, progetta una difesa a labirinto

dentro e fuori e in cerchio attorno

protezioni a doppia danza

meandri a contrammuro e a scaglioni

attorno al sacro tumulus

barriera entro barriera

ammucchia la cenere del colle per il seme luminoso

(dentro lo scrigno la foresta occultata dentro lo scrigno la verga che germoglia).

Fa serpeggiare in profondo le graticciate volubili dell’illusione per le Ancilia,

per le palladia,

per i cippi memoriali custoditi,

a causa dei funzionari dell’Ariete

e del decreto dell’Ariete a proposito dell’utilità delle cose nascoste.

Quando i tecnici manipolano le membra morte della nostra cultura

Come se ancora avesse vita, abbi pietà di noi.

Apriti a noi, lasciaci entrare una seconda volta fra le pieghe della tua stola in quei giorni –

ventricolo e rifugio,

hendref per l’inverno del mondo,

asilo contro la tempesta del mondo. (David Jones)

14 luglio 2008

AQUA

Dai sotterranei dell’umanità,

piccole gocce di speranza,

c’è chi ha fondato un economia di amore,

di dignità,

Yunus,

attraverso piccoli segni di amore caritatevole ha fatto nascere

imprese basate sulla fiducia reciproca,

sulla parola,

sul valore dell’uomo.

L’umanità vivente,

incarnata,

si riconosce

nella stessa luce,

nella stessa terra,

negli stessi volti.

Tutto nonostante “l’Impero del male”

sia il tritacarne della storia.

Ecco,

…sentite …..lo scroscio della fonte d’acqua che zampilla,

acqua che scorre e salva…

Vi supplico,

quest’estate,

il nostro andare al mare,

le nostre vacanze

siano fonte di riflessione,

di preghiera

per un mondo migliore.

13 luglio 2008

L'ABBANDONO

Non lasciare prevalere la rabbia
tutto congiura contro anima,
abbandona le futili cose dell’oggi,
vivi la passione degli sguardi diretti,
allontana da te tutto ciò che è obliquo.
Quanto dolore,
quanto rancore si avverte
nei volti tirati dall’odio,
umanità che si perde,
ti stanno accanto,
in questo cammino,
e sono vuoti…
dentro.
Padre mio,
la mia anima è sofferente,
per questo grido al cielo
un grido che è canto,
preghiera.
Mi mancano le forze,
tutto è empietà,
maldicenza,
sono accerchiato,
posseduto.
ti chiedo e mi chiedo:
Cosa desideri da me…
forse l’abbandono?
il leggero..
.. meraviglioso abbandono..

11 luglio 2008

Visione Spirituale.

Chiederò al mio sguardo
di spogliarsi
e rivestirsi della bellezza di colei che amo,
di pensare attraverso i suoi gesti,
la profondità del tempo in cui la trasfiguro.
Solo allora mi sentirò interamente illuminato
di una luce spirituale
che avrà i suoi dolci frutti
negli abissi della carne.

07 luglio 2008

VENTI DAL MARE

Era una giornata che aspettavo a post/are.. sentivo che le onde del mare di ieri
avrebbero portato qualcosa a riva.. empatia?!?!
ecco, trasportate dal mare
parole, suoni che vi accarezzano ancora..ancora e ancora, grazie roby..

Venti dal mare di Roberta La Torre

Ci sono non-luoghi che soffiano dentro come venti dal mare,
che s’insinuano nelle profondità dell’essere,
fra le sue scogliere,
per liberarsi e dargli voce.

Ci sono venti che colmano l’anima e

la lambiscono come impalpabili fili di seta
sfrangiati da soffi lontani.

Venti salati che lasciano la loro patina sugli scogli bruciati dal sole.
Ardenti e concreti.

Ci sono onde silenti guidate da onde silenti,
ed è il loro fluire a renderle vive,
il movimento continuo e incostante di momenti / movimenti lontani.

E il rumore dei sassi salati mischiati dall’onde,
milioni di piccole voci vellutate di sale.
Quelli pesanti, dentro,
custoditi,
levigati,
consolati;
quelli leggeri fuori,
candidi di pomice sospinta dal vento.
Leggerezza e levità,
movimento e quiete
tra le onde di un mare/corpo.
Istinto primordiale che costringe a proseguire,
a trovare il luogo
per poi capire di essere luogo al contempo.
Istinto o necessità che muove le onde di un mare
facendolo infrangere su scogli incrostati di sale
sciogliendo il vecchio e lasciandone nuovo.
Lento processo di purificazione eterno e incessante
che muove dentro sferzando scogliere.
Ci sono non-luoghi silenziosi,
ovattati di sale,
di venti di terra che cantano il rumore di
secche conchiglie sulla sabbia.
Ci sono rumori e tempeste che sollevano onde,
che avvolgono onde
e le sciolgono al sole.
E il mare si muove e continua a scappare
inseguito dall’onde del suo essere mare.
Movimento continuo,
costante,
inconsulto
che purifica il luogo-non luogo,
che si perde tra l’onde
ormai specchi di raggi di sole.

04 luglio 2008

BLASCO - Messina 4 luglio 2008

oggi, per me è un giorno particolare,
un giorno dedicato ad una passione antica,
non legata al territorio,
alla terra
ma alla musica di Vasco.
Vasco sintetizza in poche parole semplici,
la complessità della vita,
le emozioni che scorrono
e si riversano copiose nelle cose,
nelle persone, in tutto ciò che ti tocca il cuore,
il grande cuore che illumina il mondo,
nonostante tutto,
nonostante le miserie umane...
Vasco sogna una vita vissuta senza rinnegare l'intensità delle passioni,
valga per tutti... Sally...
"perchè la vita è un brivido che vola via è tutto un equilibrio sopra la follia, perchè alla fine di questa storia qualcuno troverà il coraggio, per affrontare i sensi di colpa e cancellarli da questo viaggio! PER VIVERE DAVVERO OGNI MOMENTO CON OGNI SUO TURBAMENTO!!
è come se fosse l'ultimo...."
Grande.

02 luglio 2008

ANELITO DIVINO

“E voi anche sapete che cosa è per me
religione: non nascere dall’adolescente nei campi di dicembre
ai pastori, non morire sotto l’albero fiorito, non sognare
all’alba di essere risuscitato e risuscitare, non soltanto dire
‘beati’ o le ‘quattro verità’, ma lottare ormai nella nostalgia
nuova a ciò che non è mai stato”. (Ferdinando Tartaglia)

30 giugno 2008

IN CAPO AL MONDO

In capo al mondo
ti seguirò
senz'altro sapere
che mi sono messo in cammino.
il tuo cuore tesse il mio sonno
con tutto ciò che è,
attraverso te la vita
fiorisce...

28 giugno 2008

PARADEISOS

il tuo volto illuminato
assorbe l'intera mia anima
è un nido,
che nel bagliore accecante di smeraldo,
mi accoglie...
mi protegge...

27 giugno 2008

BIMBA

Ti sei trovata,

per caso,

Lì dove lo spazio incontra il tempo,

Lì dove il gioioso correre d’una bimba

ricolmo d’amore,

ha intrapreso brusche traiettorie

che non si elidono

creano un vuoto

una voragine del tempo,

di cui non so spiegare.

Ora, ti prego

Mio tutto,

ti prego col cuore, sii presente.

RUAH

Fluire libero
nell'attimo eterno
essere tutto in tutti
sentire la tua voce
riempirmi
d'un infinito palpito di vita.

26 giugno 2008

AURORA

Brilla in noi l'immagine di te che sei
la profondità increata
del nostro primo mattino.

25 giugno 2008

100.

Creo nella solitudine della mia anima
ritornata da questo mondo.

24 giugno 2008

LA STESSA ARIA

La notturna profondità dei nostri corpi
si apre in un unico raggio di sole
nella vertigine di mille parole
erose dal vento...
......di terra

23 giugno 2008

MANDALA

L'intero universo
è racchiuso
nella suprema bellezza
di un volto,
il tuo.

22 giugno 2008

RITI DI PASSAGGIO

La dolcezza

Piena di luce di questa notte

trasfusa

nei riflessi d’acqua che illuminano il tuo viso

come lacrime,

cariche di un pudore ricco di promesse

che arrossa le tue guance,

una gioia infinita mi afferra, mi scuote

alla radice.

Tu mi appartieni,

appartieni a me

sei il mio sangue,

adesso che voli

che la vita scorre in te

come linfa

piena e feconda.

luce dei miei occhi

mio tutto,

ti amo d’un amore immenso,

tesoro mio.

21 giugno 2008

tenebra e luce

Tutta la realtà del mondo vibra in noi
riempiendoci di luce e
di tutto lo spessore
della tenebra nella terra.

19 giugno 2008

...VISIONI

Elevato alla vetta più trasparente del mio spirito, vi scoprirò una bellezza in cui la mia anima si rifletterà con i tratti di un volto femminile, sollevato su tutta la luce, avvolto in una vertigine, mi immergerò in acque profonde, come pupilla d'acqua chiara, vita che si schiude nella dolcezza di palpebre inebriate di brezza notturna,
vento di terra che tutto sommuove....

17 giugno 2008

LA DIFFERENZA

La mia ispirazione è nutrita dall’idea della differenza.
La mia attenzione è tesa ad incarnare questa differenza in visioni in cui esprimo il primato di anima.
Da qui deriva la ricchezza di affermazioni intellettuali che illuminano di luce uniforme il mio pensiero, e l’ostentazione di scene immaginarie dove la vita entra per risvegliarsi dal sopimento in cui la rinchiuderebbero le ottusità degli uomini.

16 giugno 2008

QUI E ORA

Solo questo è reale:
il tuo volto
nudo
nell'attimo eterno,
senza passato e senza futuro.

15 giugno 2008

...VISIONI

Come fiore abbagliante

nella rugiada delle prime luci,

si tuffava nel suo timore

per immergervi la sua stessa bellezza

e un dolore echeggiava allargandosi

come le sorgenti in un campo.

In un attimo tutto si disfaceva nell’ombra

e si compenetrava nella profondità presente

di una realtà spirituale,

dove io mi trovo a pensare in lei,

il suo corpo.

12 giugno 2008

SOUFFRANCE

Vivere schiavi di una vita senza sogni.

Vita che è respiro, empatia,

aspirazione a donarsi.

Quanta bellezza si perde nella sofferenza

dei gesti riposti nel cuore,

nello sfibrarsi di un rinnovato splendore.

11 giugno 2008

BELLEZZA MISTICA

Per Plotino la bellezza si dà a noi non in termini di imitazione, bensì di purificazione.
Partecipare al libero gioco dell'idea, riattivare l'azione della forma, lasciar essere le cose che sono significa non tanto trasferire nei suoni e nei colori le pure armonie intellegibili e tantomeno svelare le essenze archetipiche ma piuttosto liberare la realtà dal principio di ragione e restituirla al puro essere per sè. Cioè, al nulla.
Al nulla del principio e della fine ( il principio, la fonte, l'origine, ma anche la fine, è l'Uno del quale non si può predicare che il nulla).
Ma per questo è necessario convertire lo sguardo dal mondo al "nulla delle cose che sono" e quindi " abbandonare e disprezzare queste cose", lasciando tranquillamente da parte " tutti i regni della terra e del mare e del cielo" per guardare unicamente " eis ekeino".
questa ontologia del nulla sarà poi ripresa da Meister Eckhart, da S. Giovanni della Croce (come abbiamo visto in un post precedente) e da Jacob Bohme.

09 giugno 2008

....VISIONI

Ai bordi di un onda pura
ho condotto la tua anima
per vedervi in un attimo
ampliarsi il mio cielo
come trasparenza cristallina
solo allora
il mio corpo che è il mio sogno
si è illuminato di luce
e con la sua profondità
è entrato
nella freschezza della notte
che lo accoglie..

06 giugno 2008

CONFESSIONI DI UN ARCHITETTO

Non è un mero principio narcisistico a muovere la mia scrittura, il contrario.

E’ la constatazione della sua residualità (il vivo e il morto) affermata attraverso la conazione citazionistica, che è reiterazione di messaggi o loro riscrittura.
La possibilità di intersecare plurimi gradi di lettura, di stratificare i linguaggi e i relativi codici costituisce l’architettura del mio lavoro 0 il mio lavoro d'architettura.

A partire dalla contaminazione necessaria del contenuto-contenitore si esaurisce la trama - traccia di ogni progetto.

Il Corpo materiato nell’architettura prefigura un mundus elementare, in cui la possibilità offerta da un apertura mentale a 360° viene ricondotta ad una “razionalità limitata o autolimitantesi” (Gehlen), mantenendo per puro piacere o per gioco come evento interno ai modi di strutturazione della forma quel tocco di incipiente eclettismo proprio della nostra sezione temporale.

E' nel gioco a dadi proprio di una generativa della forma frutto di un'apparente casualità che lo slittamento degli elementi della composizione legittima la frammentazione del costrutto.

Così nel rimando ad un oltre, ad un al di là si esalta in maniera fittizia il rapporto, tra figura - sfondo - figurae, chi è chi o che cosa, all’infinito.

Penso allo scaling eisenmaniano, forte di una carica atopica, circolare.

Citazioni, riferimenti del progetto, complessità del suo sviluppo, non è facile sintetizzare, la fluidità, le dinamiche di un percorso creativo.

Offro alla vostra attenzione solo relitti affioranti dal magma creativo, vi lascio intravedere forse un orizzonte , da cui emergono qua e là tracce residuali di un unità perduta. Tutto ciò è per me materia di continua riflessione.

04 giugno 2008

VISIONI

....Sembra,
ed è come una magia,
che il mio sguardo apra in un'altra forma
le porte della mia forma
e si richiuda,
raccolto,
nella dolce palpebra
per entrare nel tuo cielo
come attraverso
un sogno di smeraldo

03 giugno 2008

TRASFORMAZIONI

“Sui cespugli tipografici costituiti dal poema, su una strada che non porta né fuori dalle cose né verso la mente, certi frutti sono formati da una agglomerazione di sfere che una goccia di inchiostro riempie.” Ponge.
Un sottile e leggero tocco d’introspezione, mentre il respiro del mondo è ricondotto a livelli di profondità maggiore, e le cose acquistano una loro pregnanza.
Come linea ondulata assecondare il cammino, stabilendosi lungo i percorsi involontari ed estremi dell’espressione libera e poetica non riconducibile alle emergenze artefatte dell' arte assiomatica.
Riuscire a scarnificare le cose per ricercarne il senso profondo.
La poesia dei luoghi e dei volti, la vitalità del pneuma che sconvolge, che fa vibrare il mondo,
la letteratura che promana dalla realtà, sia essa vera o virtuale, trascritta secondo un codice non autoreferenziale.
Un foglio neutro bagnato dai sussulti della vita che si dipana a partire dall’es.
Non resta che salvare il viaggio, come dispersione del senso, come ricostruzione a partire dall’evento creativo di una condivisa esperienza esistenziale.

29 maggio 2008

UN PIANO DI RECUPERO PER MONFORTE S.G.


I punti cardine su cui si radica l’esigenza di dotarsi di uno strumento urbanistico avente piena esecutività, prende spunto da accadimenti recenti che vedono Monforte protagonista di fatti di cronaca ( I crolli di abitazioni vetuste), dalla considerazione che il traguardo dell’approvazione del piano regolatore generale, non fa altro che irrigidire vincolandole le prospettive di sviluppo controllato e gerarchizzato del centro storico.
Ecco allora sorgere la necessità che diventa ferma convinzione, che occorre svoltare per il bene del paese, per imprimere un accelerazione verso l’esigenza ora più che mai sentita dalla popolazione Monfortese, di dotarsi di uno strumento urbanistico che vincoli sì, ma che definisca, nelle sue proiezioni analitiche frutto di uno studio del paesaggio urbano, le prassi progettuali da adottare nell’operatività quotidiana.
L’esercizio della politica, sposa, così, perché è suo compito farlo, le richieste della cittadinanza, e si attiva a creare le condizioni per la praticabilità di un percorso finalizzato alla salvaguardia degli interessi sociali.
Il punto programmatico su cui si fonda l’agire politico deve essere rivolto a garantire la salvaguardia del patrimonio esistente logorato dall’inesercizio e dalla incuria del tempo.
Tale agire non prescinde dal riconoscimento del valore storico e culturale della città storica, nella sua unità di episodi eccezionali, di monumenti e di edilizia minore ed è teso ad impedire ai nuovi linguaggi del costruire di deturpare sempre più l’immagine già peraltro gravemente compromessa del paese.
L’art. 27 della legge 457 fornisce la coordinate concettuali del progetto di recupero che si deve necessariamente promuovere, infatti in esso si recita che: “ i comuni individuano, nell'ambito degli strumenti urbanistici generali, le zone ove, per le condizioni di degrado, si renda opportuno il recupero del patrimonio edilizio ed urbanistico esistente mediante interventi rivolti alla conservazione, al risanamento, alla ricostruzione e alla migliore utilizzazione del patrimonio stesso.”
Non si può non tenere conto, altresì, che nel quadro di rilancio di realtà urbane medio collinari perseguito dalla regione in attuazione di direttive europee ed ottenuto attraverso la risistemazione di piazze e chiese dei centri storici, si è operato in maniera spesso non omogenea alle dinamiche interne di ri-creazione degli ambiti urbani , ma attenti esclusivamente ad un ridisegno complessivo del territorio secondo principi di sovrapposizione alle singole realtà territoriali, radicando gli interventi in un idea di area vasta e creando per ciò stesso un imprinting culturale omologante che mal si concilia con le specificità tipo-morfologiche dei luoghi.
In tal senso un amministrazione che intende andare oltre, deve proporre attraverso il progetto la riattivazione di processi economico sociali atti a far emergere nel tessuto connettivo proprio del farsi città, nella polpa viva che costituisce la massa critica della popolazione un nuovo interesse che rinsaldi lo spirito di appartenenza, rivolto specialmente a garantire le istanze di quella popolazione giovanile spostatasi nei centri costieri limitrofi.
Ciò nella convinzione che l’abbandono sistematicamente operato degli stili di vita più consoni ai ritmi delle natura, sia l’unica spiegazione del degrado socio culturale dei tempi moderni.
Tale convincimento nasce non dalla solita solfa nostalgica, ma è il frutto maturo di un analisi impietosa che continuamente trova riscontri oggettivi, ( leggere il post La Cura).
Da ciò il nostro credo che deve diventare prassi politica, azione.
Non si tratta di rinverdire gli antichi fasti, ma a partire da Monforte ricostruire un idea di vivibilità che non si trova certo nei casermoni dormitorio dei centri costieri, dove hanno gioco facile coloro che lucrano esclusivamente su rendite che non hanno più un limite economico cui riferirsi.
Un rinnovato interesse all’acquisto di abitazioni nei centri medio collinari, potrebbe calmierare i prezzi di mercato delle abitazioni, per effetto di un offerta abitativa più dinamica non più relegata a valle.
Innescare un meccanismo virtuoso, un controesodo, fomite di nuove possibilità.
E’ un augurio, una certezza.

24 maggio 2008

LA COLONIZZAZIONE DELL'IMBECILLITA'

È sintomatico di un mal costume tutto Italiano quello che sta accadendo in questi giorni alla Regione Sicilia. Nelle stanze lontane di Roma si contratta il futuro governo del territorio Siciliano, tutto, senza alcuna attenzione alla forma che, lo dico a quanti non capiscono, è sostanza, soprattutto quando è in gioco il riscatto sempre più sperato ma lontano dal concretizzarsi.. il famoso riscatto dei siciliani da un empasse endemica che è ormai dato strutturale.
A questa legislatura piena come sempre di buoni propositi viene instillato un virus, un deterrente atto a stabilire se non si fosse capito chi comanda chi o che cosa, poche menti geniali hanno partorito così un figlio orbo, zoppo etc etc..
Veti, singolari diktat costruiti ad personam, non riusciranno a far spiccare il volo a questa compagine, perché?
una sola risposta.. vecchia, stantia, becera, criminale politica, fatta di interessucoli miserabili di parte, di leccaculismo in salsa romana, frutto di cordate clientelari presuntamente amiche, che hanno aperto il fuoco di fila, sparando cannonate, soprattutto ai propri sodali, nella vana, quanto illusoria speranza che questo tiro al piccione, questo sacrificio necessario, porti benefici su altri tavoli, sotto altre forme, seguendo una logica che vola alto, altissimo o bassissimo a seconda dei punti di vista.
Dov'è il quotidiano lottare per vivere, in queste scelte, dov'è la salvaguardia dell'interesse collettivo; sempre più lontano, tutto accade, lontano dal brusio montante di coloro che chiedono un futuro per sè, per i propri cari, nelle cosidette stanze dei bottoni, delle cerniere, dei calzoni alla zuava, dove non risuona più il batter di tacchi, l’eia eia alalà, altra musica oggi più strisciante meno nostalgica, ma pur sempre eco della voce del padrone… ma di più debole tonalità, flebile, senza la palle risonanti d’un tempo, quando si lavorava la terra e lo si capiva il senso della terra.
E Torniamoci alla terra, a questa nostra amata terra martoriata con la vanga e quant’altro occorre , bonifichiamola dalle sozzure che la infestano, facciamone un meraviglioso giardino aperto ad oriente…
Non sentono, sordi a tutto tranne che ai loro calcoletti piccini piccini, in quella stanza delle asole, ricca di cimeli dimenticati, il levarsi continuo, incessante di preghiere, di coloro che vivono nella speranza di dare una svolta alla loro vita, di chi vive la politica sul campo, con spirito di servizio, che le sente continuamente, anche di notte, le richieste di una vita normale che possa essere vissuta con dignità, quanta umanità si incontra giorno per giorno, penso ai Micheli, ai Gaetani, ai Carmeli, etc etc, ai loro volti che hanno impresso un desiderio, anzi il desiderio di avere famiglia, lavoro, una sistemazione così la chiamano, con una sola speranza che qualcosa cambierà perchè c’è la volontà, la voglia , la possibilità di farlo;
ma nella asettiche, impenetrabili stanze di Roma, non ci sono volti nè vita, tutto è imbalsamato, si decide secondo logiche che poco hanno a che vedere col principio di edificazione di un territorio, premiale dello sforzo di intere compagini umane, che rischiano, e mettono la loro faccia, la loro storia, sul campo credendo che lo sforzo e l’impegno diuturno venga premiato.
Non è così, lo scollamento tra la politica che vive il proprio tempo come una missione e le strategie imperscrutabili dei maggiorenti di partito è giunto al culmine…
Questa misera insulsa fallimentare legge elettorale ha generato un delirio di onnipotenza nella psiche di poche deboli menti, che se ne fottono di tutto..e operano cinicamente le loro scelte, sicuri solamente dell’arroganza del loro potere.

23 maggio 2008

360°

Andare al di là della politica per perseguire una strategia fondata su un adeguata programmazione culturale.
Non si tratta di dar vita ad un nuovo modello culturale frutto di una sterile quanto riduttiva adesione alle mode aprospettiche (vedi le tre i, le quattro f, etc etc) , si tratta di recuperare ciò che si è apparentemente smarrito, i valori dimenticati dell'occidente e sviluppare al contempo una capacità critica che implica il discernere autonomamente non avallando scelte preconfezionate che mistificano la storia.
Perseguire un pluralismo culturale attraverso una politica volta a suscitare possibilità di confronto.
Bisogna poi scardinare il nesso storico, oramai stantio, costruito ad arte dalla sinistra tra cultura, aggregazione giovanile e politica, rafforzato dall’occupazione sistematica degli ambiti universitari e dei centri di cultura. Quanti di noi sono caduti, in anni abbastanza recenti, sol perchè eravamo voce fuori dal coro, quante carriere accademiche sono state stroncate sul nascere.
Non va perseguita una battaglia contro, sarebbe riduttivo ed autolesionistico.
Ricercare invece un equilibrio tra differenti visioni del mondo, muovendosi in maniera panottica a 360 gradi, un equilibrio che sappia essere fonte di un rinnovato dibattito culturale non più esacerbato da condizionamenti pretestuosi.
Una visione integrata e plurale tesa a recuperare in maniera dinamica quanto inerisce l’immenso patrimonio storico- culturale che ci contraddistingue.

21 maggio 2008

CHORA

Ricche, numerose, inesauribili, sono le interpretazioni che informano la significazione o il valore di chora. Esse consistono sempre a dare forma ad essa, determinandola, essa che, tuttavia, non può offrirsi o promettersi se non sottraendosi ad ogni determinazione, a tutte le marche o impressioni alle quali noi la diciamo esposta: a tutto ciò che vorremmo darle senza sperare di ricevere niente da essa... Ma quanto avanziamo in questa sede intorno all'interpretazione della chora - del testo di Platone sulla chora - parlando della forma data o ricevuta, di marca o impressione, di conoscenza come informazione, etc., tutto ciò attinge già a quanto il testo stesso dice della chora, al suo dispositivo concettuale ed ermeneutico. Ciò che, per esempio, per l'esempio, avanziamo riguardo alla “chora” nel testo di Platone riproduce o riporta semplicemente, con tutti i suoi schemi, il discorso di Platone circa la chora. Ciò anche in questa stessa frase dove mi sono appena servito della parola schema. Gli schemata sono le figure staccate ed impresse nella chora, le forme che l'informano. Esse ritornano a lei, senza che le appartengano. Delle interpretazioni darebbero, dunque, forma a “chora”, lasciandovi la marca schematica della loro impronta e depositandovi il sedimento del loro apporto. E, tuttavia, “chora” sembra non lasciarsi neanche raggiungere o toccare, ancor meno scalfire, soprattutto sembra non farsi esaurire da questi tipi di traduzione tropica o interpretativa. Non si può neanche dire che essa fornisca loro il supporto d'un substrato o d'una sostanza stabile. Chora non è un soggetto. Non è il soggetto. Né il supporto (subjectile). I tipi ermeneutici non possono informare, non possono dar forma alla chora se non nella misura in cui, inaccessibile, impassibile, “amorfa” (amorphon, 51a) e sempre vergine, di una verginità radicalmente ribelle all'antropomorfismo, essa sembra ricevere questi tipi e dar luogo ad essi. Ma se Timeo impiega il nome di ricettacolo (dechomenon) o luogo (chora), questi nomi non designano un'essenza, l'essere stabile di un eidos, giacche chora non è ne dell'ordine dell' eidos, né dell'ordine delle mimesi, delle immagini dell'eidos, le quali si imprimono in essa - che così non è, non appartiene ai due generi d'essere conosciuti o riconosciuti. Essa non è e questo-non-essere non può che annunciarsi, vale a dire non lasciarsi prendere o concepire, attraverso gli schemi antropomorfici del ricevere o del dare. Chora non è, soprattutto, un supporto o un soggetto che darebbe luogo ricevendo o concependo, anzi lasciandosi concepire. Come negarle questa significazione essenziale di ricettacolo dal momento che questo nome le è stato attribuito da Platone? È difficile. Forse non abbiamo ancora pensato ciò che vuoI dire ricevere, il ricevere da questo ricettacolo, ciò che dice dechomai, dechomenon. Forse è questo di chora che cominceremo ad apprendere- a riceverlo. (J. DERRIDA)

16 maggio 2008

APPUNTI DI EROTICA DELLO SPAZIO

L’Artista- architetto dispiega tutto il suo ingegno alla ricerca di uno spazio che assomigli alla “Chora Platonica”, un luogo neutro, che possa essere riempito dalle forme tratte dal repertorio della sua memoria personale e da quello della memoria collettiva.
Questo sito è ou-topos, è il non luogo dell’utopia.
Oltre l’utopia c’è lo Scaling, in cui il luogo è a-topico, esso non viene sublimato come nel sogno utopico (sogno del sito originario), ma viene piuttosto attraversato da una forza che rende visibili le differenze che lo abitano, trasforma le cose che vi sono depositate negli elementi di una tensione conoscitiva.
Come dice esemplarmente Simone Weil, “Bisogna essere radicati nell’assenza di luogo.”
Le radici gnoseologiche del progetto fanno riferimento ad una realtà possibile, liminare, interstiziale, data dalla fluttuazione “erotica” tra opposti, (maschio-femmina, luce-ombra, orizzontale-verticale, etc..).
L’immaginazione attivata dal contatto fa dell’essere diviso un unità de-situata e a-topica, in quanto la sua essenza sta sempre nella dualità.
Progettare, nel senso impresso alle cose del mondo, significa costruire il luogo di questa differenza, perché ciò che è solo possibile diventi reale.
Nella strutturazione della realtà attivare la facoltà di creare somiglianze fra oggetti che sono del tutto indipendenti, differenti e diversi, e connettere a unità ciò che più è molteplice, differente, lo spirito combinatorio.
Lo spirito combinatorio finalizzato alla crescita spirituale del singolo fruitore, determina l’interesse concettuale volto alla definizione-costruzione di cellule simboliche.
Cellule simboliche come loci mnemonici, concepite come unità nella diversità, armonie dissonanti, in quanto costituite da elementi singolarmente riconoscibili oltre la con-fusione del sistema di riferimento.
Spazi della memoria come apertura alle possibilità narrative dei luoghi.
Spazi emblematici.
Congiunzioni esaltanti, in cui gli oggetti parlanti, risonanti e le muse riecheggino l’impossibilità dell’ uomo / maschera di riscattarsi nel teatro tragico dell’esistenza.
Comporre oggi vuol dire affondare le mani nelle discariche formali, alla ricerca di oggetti residuali, di ciò che è rimasto della conoscenza come frutto di una deriva culturale.

14 maggio 2008

AFFIORAMENTI

Raccontare di un progetto per la biennale arte di Venezia di qualche anno fa, progetto mai realizzato, può essere interessante a far comprendere il fermento creativo, le elaborazioni concettuali..il fervore che sale….
Accostatevi a questo scritto come ad un arancino, si concretizza mordendolo.

Affioramenti.1 prima idea.
Ciò che rimane, dopo la catastrofe è il senso di una geometria perduta, perfettibile.
La contaminazione di tutte le forme in una sorta d’ibridazione creativa che invece di distinguere contamina di sé tutte le cose.
Immagino un involucro che ha una struttura in legno e ferro, ed è costituito da una doppia pelle all’interno plastica, colorata effervescente, carica dei simboli della cultura mediterranea, questo involucro è lucescente, costituito tecnicamente da un anima luminosa installata all’interno dei 30 cm di spessore dell’intero telaio, tale anima fibrilla come tutto il contesto, è instabile si evolve verso stadi di maturazione organica, quasi avesse un esistenza, una coscienza propria, macchinale.

ome tutto il contesto, è instabile si evolve verso stadi di maturazione organica, quasi avesse un esistenza propria. e, costitu

Affioramenti.2 seconda idea.
Ciò che rimane oppure ciò che non è ancora.
Ciò che affiora può essere un confine, un limite, un bordo significante in cui raccogliere i pezzi di una memoria da ricostruire oppure un confine che sconfina, verso memorie luminose di simultaneità “pertinente”.
Affioramenti come porta d’ingresso verso codici performativi in cui si esprime una nuova predisposizione corporea a sentire, a captare come sismografi della contemporaneità.
L’involucro del padiglione, è di forma cubica, la sua composizione è da intendersi in una chiave processuale, ciò che emerge come dato finale è la distorsione dell’involucro frutto di una fibrillazione dello spazio, spazio della tecnocomunicazione, in cui strutture mutanti generate nelle pixel-zone, aree occupate da una logica geometrica frattale, emergono, stazionando entro i confini di quest’area “sacra”.
Esso è Ciò che rimane della storia, un reperto affiorato dal mare, dopo la caduta.
Luogo della memoria.
E ancora luogo dove si scorge il non ancora rappresentato, si anticipa il non ancora comprensibile.
Il padiglione all’esterno è rivestito con lamelle di rame o zinco acidato, collocate su un rivestimento sottostante di assi di legno.
La retroilluminazione dei pannelli in plexi relative alle foto di marchica che dovranno essere stampate su una superficie di 2,30 x 1,10 ca, e alla porzione sottostante lo schermo per la proiezione di immagini e sotto il tappeto di zappalà che verrà appeso a parete e dovrà avere una dimensione di 2,50 x 5,00 ca, sarà realizzata con l’uso di semplici neon. A soffitto verrà collocata l’opera di guzzetta (l’onda).
Al centro della composizione c’è l’opera di Russo.
La scultura di Marchese ho immaginato di collocarla fuori, in prossimità dell’angolo a sinistra dell’ingresso, in quel punto il cubo (Kaaba) subisce la distorsione maggiore rispetto all’ortogonale, e richiama l’idea voluta della chiglia di una nave, la scultura oltre a definire un effetto di drammatizzazione dello spazio serve a semplificare e a rendere meccanicamente percepibile l’intera contestualizzazione.
Il viaggiatore è fuori e sta per entrare all’interno.

ex occidente lecito campo
introitus patet haut claustris sunt ostia clausa
janua se pandit nec male progrederis
Un cubo distorto esternamente nero di 6 metri per lato.
Il rivestimento esterno è composto di lamelle di zinco acidato; Il piano di calpestio è in assi di legno, segnati a scacchiera; la struttura portante è in legno e ferro; le pareti interne sono ricoperte di fotografie e\o opere polimateriche e/o pannelli di plastica colorata retroilluminate.
La luce, all’interno del cubo per la maggior parte proviene dalla retroilluminazione dei pannelli verticali, l’intercapedine tra il telaio strutturale e le pannellature interne misura cm.15 ca, tali da contenere gli ingombri tecnologici, utili alle interazioni virtuali.
Un eccesso di luce- verticale/ un eccesso d’ombra- orizzontale.
L’ingresso è posto su un angolo svuotato;
In prossimità dell’ingresso all’esterno , è collocata una scultura antropomorfa.
Sempre all’esterno nell’angolo caratterizzato dallo scarto più cospicuo rispetto alla verticale si materializza la quinta di un dire artificiale, ibridazione semantica di un luogo topico che diventa non luogo nell’assolutizzazione della virtualità dell’accadere, l’avambraccio effimero dell’occidente.
All’interno, sulla parete di fronte all’ingresso in uno schermo scorre un testo in lingua araba, ripetuto da una voce salmodiante in arabo.
Al centro del cubo, all’interno, un menhir neobarocco dichiara un assenza, circoscrive un vuoto, alla maniera del pizzicotto zen, amplifica un dire e un sentire che si dà nella liquidità, nell’erosione delle certezze spazio/temporali.
Il nucleo centrale dell’opera è, dunque, il viaggio nella contrapposizione tra l’eccesso del nero e la violenza della luce e delle immagini, o tra interiore\esteriore, occidente\oriente, amico\nemico, negazione\affermazione, iconoclastia\iconografia: il legame ambiguo e obliquo, indecidibile e indicibile, del flusso migratorio contemporaneo, il conflitto nel punto dove si intravede il non ancora rappresentato, si anticipa il non ancora comprensibile.
All’ingresso della Kaaba , gli uomini, come sismografi della contemporaneità, e gli affioramenti come varchi in cui strutture mutanti generate nelle pixel-zone e aree occupate dalla logica geometrica frattale, predispongono la distorsione/destrutturazione del cubo\involucro, frutto di una fibrillazione dello spazio che è spazio della tecnocomunicazione.
Nient’altro che Affioramenti, entro i confini di quest’area “sacra”, come fluttuazioni della memoria e del desiderio.

Opere:

  • 6 elaborazioni fotografiche (allegato 1) di Marchica – misura 2.20 x 1.10 ca – collocazione: parete a sinistra entrando
  • Scultura lignea (allegato 2) di Salvo Russo – misura 2.35 x 1.40 – collocazione: centro interno.
  • Installazione lignea lamellare (allegato 3) di Concetto Guzzetta – misura 4,00 x 4,00 ca - collocazione: soffitto.
  • Installazione polimaterica (allegato 4) di Nicola Zappalà - misura 2.50 x 5.00 ca - collocazione: parete destra entrando.
  • Scultura lapidea (allegato 5) di Antonio Portale – misura 3.00 x 1.20 x 0.70 - collocazione: esterno fronte ingresso.
  • Scultura marmorea (allegato 6) di Silvio marchese - misura 1.20 x 0.90 - collocazione: esterno angolo a sinistra dell’ingresso.
  • video con testo arabo

12 maggio 2008

UNO

derive
scorrimenti veloci
tracce di pneumatici sull'asfalto
sedimentazioni tipiche di un era tecnologizzata.
Come fare interagire il lento col veloce.
Questa la domanda.
Come fare a guardarsi ancora negli occhi e vedere la profondità degli abissi.
Come fare ad evocare attraverso l'odore il suono il colore il calore
l'uomo, la sua storia
nello spazio del vissuto inteso come emanazione necessaria del vivente,
come sensualità rappresa nella statica celeste della fabbrica del mondo.
E' dovere immergersi nella vita, nel respiro che ci accomuna.
La foglia nasce dall'albero
cresce....
immota l'aria accoglie ancora e sempre vaghe parole
sonore??
illuminate?

06 maggio 2008

ANIMA MIA

Tacere,
è perdere le parole,
quelle che hai dentro,
rincattucciate in un angolo del cuore,
ecco,
provo a guardarmi dentro,
è un salto nel vuoto,
lo so,
ed ho paura,
poi mi dico..
Vito,
prova ad abbattere le barriere tra te e il mondo,
soprattutto quelle della cattiva coscienza...
nell'aria tersa e fresca
di questa primavera, ancora una volta ti ritrovo
nell'attimo eterno del sogno,
come lieve soffio,
che non passa,
che sgorga libero
e sempre rinasce
dal fondo del cuore.
e Ti cerco, nella fretta degli incontri,
in un abbraccio,
in uno sguardo,
nel dolore condiviso,
nel non dirsi mai, o troppo poco,
ti voglio bene,
o semplicemente nell'esserci.
Sei Tu che mi hai accolto, che mi custodisci,
anima mia...

22 aprile 2008

SICILIA


È convivenza plurima di luoghi, cose, persone che nell’intreccio sostanziano l’esserci.
Sovraccarica di senso essa si dà nella sensualità dei suoi ambiti, nell’affannata ricerca dell’ombra - acquatica che come scroscio accompagna il nostro cammino, reminiscenza di un oriente somatizzato, diventato essenza del vivere comune.
Spero in una Sicilia come ricettacolo di tradizioni che convivono e si nutrono di una rinnovata energia.
Frutto non di espedienti ma di una coscientizzazione collettiva che recuperi all’oggi le forme e i luoghi dell’immaginale, attraverso la costruzione di una geografia sacra, perpetuantesi nell’intreccio, nel calembour di segni, sostanza decorativa del mondo.

18 aprile 2008

LA SUA FIGURA

« Per giungere a gustare il tutto, non cercare il gusto in niente.
Per giungere al possesso del tutto, non voler possedere niente.
Per giungere ad essere tutto, non voler essere niente.
Per giungere alla conoscenza del tutto, non cercare di sapere qualche cosa in niente.
Per venire a ciò che ora non godi, devi passare per dove non godi.
Per giungere a ciò che non sai, devi passare per dove non sai.
Per giungere al possesso di ciò che non hai, devi passare per dove ora niente hai.
Per giungere a ciò che non sei, devi passare per dove ora non sei. » (S.Giovanni della Croce)

Tratto dall'avvicinamento di Giuni Russo
ai testi di S. Teresa D'Avila e San Giovanni della Croce,
vi propongo un testo che sublima l'assenza e
il desiderio di affidarsi a lui.
Ascoltate anche la canzone è qui accanto....

L’estate appassisce silenziosa
Foglie dorate gocciolano giù
Apro le braccia al suo declinare stanco
E lascia la tua luce in me
Stelle cadenti incrociano i pensieri
I desideri scivolano giù
Mettimi come segno sul tuo cuore
Ho bisogno di te
Sai che la sofferenza d’amore non si cura
Se non con la presenza della sua figura
Baciami con la bocca dell’amore
Raccoglimi dalla terra come un fiore
Come un bambino stanco ora voglio riposare
E lascio la mia vita a te
Tu mi conosci non puoi dubitare
Fra mille affanni non sono andata via
Rimani qui al mio fianco sfiorandomi la mano
E lascio la mia vita a te
Sai che la sofferenza d’amore non si cura
Se non con la presenza della sua figura
Musica silenziosa è l’aurora
Solitudine che ristora e che innamora
Come un bambino stanco ora voglio riposare
E lascio la mia vita a te
Mi manca la presenza della sua figura ( Giuni Russo)