29 marzo 2008

IL SILENZIO


Il silenzio ha molte qualità.
C'è il silenzio fra due rumori,
il silenzio fra due note e il silenzio che si allarga nello spazio fra due pensieri.
C'è il singolare, quieto, pervadente silenzio che si diffonde in campagna alla sera;
c’è il silenzio nel quale si ode il latrato di un cane in lontananza;
il silenzio che regna in una casa quando tutti sono andati a letto,
e il suo particolare risalto quando ti svegli nel cuore della notte e ascolti;
e c’è il silenzio che precede, l'intervallo.
C’è il silenzio di una vecchia casa abbandonata,
e il silenzio di una montagna;
il silenzio fra due esseri umani quando hanno visto la stessa cosa,
hanno sentito la stessa cosa
ed agito

21 marzo 2008

IL GIARDINO DEGLI ULIVI.

Riflettiamo sul mistero Pasquale attraverso una delle pagine più alte della letteratura Cristiana di tutti i tempi. Una Santa e Buona Pasqua a tutti.
E’ il tempo della prova. Gesù attende…

......38. Tristis usque ad mortem. Et progressus pusillum, procidit in faciem suam, orans, et dicens: pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste, verumtamen non sicut ego volo, sed sicut tu.
Se non si fosse abbrutiti, figlio mio, se voi non foste abbrutiti, anchilosati da generazioni intere di catechismo, d’abitudine catechistica, figlio mio, chi non sarebbe colpito, chi non sarebbe spaventato da queste righe, da queste poche righe atroci, da queste parole terrificanti, da questa terrificante preghiera. Quando ci si pensa. Così tutto era preparato, deciso fin dai secoli e dai secoli dei secoli; fin dai secoli temporali e fin da tutti i secoli e i secoli temporali; fin dai secoli eterni e tutti i secoli e i secoli eterni; fin dall’eternità tutto era deciso; tutto il sistema, tutto questo aggiustamento, il vostro aggiustamento cristiano; fin dalla caduta, da tutta l’eternità ma specialmente, temporalmente fin dalla caduta la redenzione era pronta, la redenzione era decisa. Ed ecco. Tutto il cristianesimo era pronto, tutto il cristianesimo era deciso. Ed ecco. Tutto questo aveva anche ricevuto un inizio di esecuzione. Lui stesso aveva messo in moto il tragico apparato. Temporalmente, eternamente, tutto era pronto, tutto aveva cominciato a muoversi. L’incarnazione, preparativo necessario, antecedenza, precorritrice, foriera di un miracolo infinito, l’incarnazione, miracolo anteriore, miracolo preliminare, l’incarnazione aveva avuto luogo. Trenta e qualche altro anno prima, in quel piccolo borgo di Giudea, trenta e diversi anni (temporali) prima, trenta e diversi anni carnali, in quel piccolo borgo l’incarnazione aveva avuto luogo; il mistero dell’incarnazione, preparando, annunciando, implicando già il mistero supremo, preparando, annunciando, implicando il mistero della redenzione, entrando di già in quel mistero supremo, comportandolo di già, componendolo, entrando nella sua composizione. Essendo già dentro all’inizio. Tutto era pronto. La vita di famiglia, trent’anni, aveva avuto luogo. La vita pubblica, tre anni, aveva avuto luogo. La vita di casa, il banco di lavoro e la morsa, la sega e la pialla, era finito, questo era stato fatto. La vita di popolo, la montagna e la pianura, e il lago di Tiberiade, la predicazione e le similitudini, la curva delle parabole, lungo le strade, era finita; questo era stato fatto. Tutto era pronto. Il coronamento stava per cominciare. Il coronamento stava per aver luogo. Tutto era pronto. Tutte le virtù private e pubbliche, tutte le virtù eroiche dei trenta e tre anni stavano per culminare nel sacrificio supremo. L’apparato supremo, l’apparato della giustificazione del mondo era pronto, l’apparato della salvazione del mondo. I secoli temporali ed i secoli eterni attendevano. Lui stesso aveva messo in moto una volta l’inizio dell’apparato, una volta nel tempo, l’incarnazione, la vita privata, la vita pubblica. Tutti i consumi erano impegnati, i consumi temporali, i consumi eterni. Il più grande consumo: la caduta. Tutto era pronto. Non c’era quasi più che da lasciar fare, da lasciar andare; da lasciarsi andare, sembra; non c’era più che da operare lo sblocco finale, un nulla; e questo sblocco stesso per così dire non chiedeva che d’operarsi da solo. Anche lui non chiedeva, sembrava non chiedere che di lasciarsi andare. Non c’era più che da sbloccare il coronamento dell’opera, dell’operazione; da effettuare quindi il coronamento dello sblocco. Tutto era pronto. Tutti i personaggi erano saliti sulla scena per recitare il dramma che non si recitò che una volta. Dopo anni di intrighi, anni temporali ( i medesimi anni temporali), di questi intrighi abituali ai funzionari, figlio mio (romani, romani, capite) (ed era sotto l’Impero), Pontius Pilatus era stato nominato giustamente procuratore di Giudea. Aveva ottenuto quella guarnigione abbastanza bella, quella prefettura di seconda classe. La procura, il procuratorato d Giudea. Quel buon posto (di funzionario), quella buona posizione. Si fa tanta fatica ad avere un posto. Degli intrighi non meno sapienti tirati forse da più lontano (degli intrighi temporali) avevano fatto sì che il centurione fosse diventato centurione e che il decurione stesso fosse diventato decurione. Si fa tanta fatica anche a diventare decurione. E Caifa gran sacerdote, principe dei sacerdoti, e i senatori, e gli scribi, e i principali sacrificatori. Durante anni e anni l’albero della croce, pazienza vegetale, senza miracolo aveva preparato la durezza del suo legno. Un altro boscaiolo aveva abbattuto l’albero, senza miracolo, senza alcun miracolo, sgrossato il tronco, tagliato i rami maggiori, scortecciato; Un’altra ascia c’era passata; con un’altra ascia un altro boscaiolo aveva scorticato, sbucciato, staccato la scorza. Senza miracolo, con un lavoro di mestiere, con un lavoro normale professionale, con un esercizio del mestiere, regolare, con un lavoro naturale d’uomo. Un altro carpentiere aveva lavorato il legno. In qualche palude del Giordano la canna era spuntata, la canna unica. Il giglio dei campi non lavora. La canna delle paludi, la canna delle acque dormienti non lavora neppure lei. Non lavora con le sue mani. Ma con tutto il suo corpo, senza alcun miracolo, con tutto il suo corpo carnale, con un lavoro molecolare infaticabile, con un lavoro organico perituro infaticabile giorno e notte aveva lavorato. Aveva lavorato a crescere. Il giglio dei campi non fila. Il giglio dei campi non fila e non tesse. E gli uccelli del cielo non lavorano. Ma molecolarmente, organicamente, appena segretamente, essi lavorano a crescere e a decrescere, a nascere e a morire, a diventare, come ogni essere, a nutrirsi e a deperire; e senza alcun miracolo, molecolarmente, organicamente, per nulla segretamente, seguendo la legge comune, compiendo il lavoro del proprio mestiere, da professionista, seguendo la legge naturale una canna del Giordano era spuntata, la canna unica era stata formata, aveva fatto crescere il suo fusto, il fusto unico, quello che non doveva servire che una volta, il fusto che doveva flagellare la faccia di Dio; e una spina, senza miracolo una santa spina era spuntata in qualche macchia della Giudea, in qualche macchia ebrea. Una spina nera, una spina purpurea, forse un semplice rovo, una grossa spina di quei paesi. Tutti erano chiamati a servizio; gli uomini erano chiamati in servizio; gli attrezzi eterni erano pronti, gli strumenti della salvazione del mondo; res atque nomine, res haud aliter atque nomine, le cose, le cose non meno degli uomini, quanto agli uomini, parimenti agli uomini, le cose erano chiamate a servizio. L’avvenimento era chiamato in servizio. Tutto il mondo era al suo posto. Tutto il mondo aveva dei posti e delle situazioni; solo lui avrebbe dunque avuto il posto della vittima, il posto dell’ostia, lui solo avrebbe avuto dunque il posto del morto, di colui che muore, di colui che subisce la morte temporale. Tutta la creazione, tutto il mondo era chiamato in servizio. Tutto il mondo aveva i posti buoni, era ben situato. Lui solo avrebbe avuto dunque il brutto posto. Giuda era pronto e il bacio saliva alle labbra di Giuda. Il bacio che attendeva dai secoli dei secoli. Il bacio che nei secoli dei secoli in seguito si ripercuoterà eternamente. Il bacio annunciato, il bacio che si ripercuote da tutta l’eternità. Precisamente il centurione, che era l’aiutante, era tornato al quartiere dopo il rapporto. E aveva detto: E’ seccante. E’ giunto per questa sera un ordine dal posto di comando. Diceva: E’ seccante, perché l’ordine era per quella sera, e lui aveva per amante una piccola ebrea di Galaad. E lui stesso era venuto dai confini della Gallia, gallia omnis, per essere precisamente quell’aiutante, affinchè tutti i popoli fossero chiamati. Ed era venuto al quartiere dopo la zuppa. E aveva detto: E’ seccante. E’ giunto per questa sera un ordine dal posto di comando. Ma era un bravo Gallo, dei confini della Gallia belga, un Fiammingo. Era la sua settimana di turno. E quella settimana era fissata nel susseguirsi dei tempi. Aveva detto al decurione: E’ seccante. Non si è mai tranquilli. E’ giunto per questa sera un ordine dal posto di comando. Quando avrete finito i vostri cinque anni ( perché il servizio era più lungo di oggi) non vi riarruolate mai. Era lui stesso un ufficiale riarruolato, e dissuadeva naturalmente dal riarruolarsi i compagni che aveva; i candidati di grado inferiore. Non era mai contento. Ma era un Fiammingo grasso. Ah no, non si era riarruolato per questo, quello lì. Per arrestare Gesù. Era riservato a questo onore, figlio mio, che non si era mai visto, che non si è mai visto poi in nessun grado, a questo onore che non si è mai rivisto nell’esercito, in nessun esercito, questo onore che non si è mai rivisto nell’armata, in nessuna armata: di arrestare Gesù; pensateci, fin da quando si arresta, da quando i governi arrestano, da quando si fanno degli arresti: eseguire l’arresto di Gesù, dare l’inizio, mettere la mano sulla spalla di Gesù. Ecco cosa doveva fare, quest’uomo, quello che non è mai stato dato a dei graduati di un grado infinitamente più alto. Ma non lo sapeva. E allora si lamentava di essersi riarruolato. – un ordine di chi.- Un ordine del posto di comando. E’ venuto attraverso gli uffici del procuratore. Partiremo all’ora nona. Riunirai i tuoi alle nove meno un quarto. Tu verrai con me. Gli uomini avranno le spade. Tenuta di servizio numero uno. Porterete tre lanterne di corno. E’ per una ronda da fare al giardino degli Ulivi. Prenderai i dieci uomini della tua squadra. Toccherà a voi marciare. Prenderai anche i cinque uomini della sinistra della seconda squadra. Ma non prenderai Libanius (l’altro decurione), Saremo abbastanza graduati così. E il centurione se n’era andato. Poi era tornato, tornato sui suoi passi: Ah, prenderai anche Malco. E’ un “cammello”, una carogna. Camellus quis. Ancora ieri ha evitato la corvèe di quartiere. E in una camerata in basso, appoggiata al terzo affardellamento, la lancia, la lancia per il Fianco, aspettava.
Tutto era pronto, lui solo, lui solo non lo era. Tutta la creazione era convocata, era stata convocata. L’appello era fatto; non soltanto l’appello di quella prima decuria, e della sinistra di quella seconda, e di Malco: l’appello della creazione intera. Il centurione, il Fiammingo aveva detto: ci sarà un borghese, uno scrivano della polizia, che guiderà la pattuglia. La creazione era pronta; la creazione temporale attendeva. Anche lui, lui stesso attendeva. Venti secoli, quaranta secoli prima, venti secoli, quaranta secoli anteriori, quaranta secoli temporali, cinquanta secoli prima attendevano prima, come sospesi in avanti. E lui era la chiave di volta. Venti secoli, quaranta secoli, cinquanta secoli ulteriori, un numero incalcolabile di secoli, dei secoli dei secoli, dopo attendevano dopo. Fino al giudizio, fino al giorno del giudizio. E il giudizio, che sarebbe, che sarebbe, se il Giusto non fosse morto per la salvezza del mondo. (..).
tratto da Getsemani di C. Pèguy.

19 marzo 2008

ANCORA AMORE

Ogni persona sa dall'esperienza che l'amore è trasmesso dai genitori ai figli sin dai primi importantissimi mesi. Forse anche durante il concepimento e non c'è niente di magico in tutto ciò. Che in fondo ci sia l'istinto di conservazione della specie è indubbio, basta osservare una chioccia coi pulcini, una gatta con la sua prole etc. Insomma l'amore per l'esistenza. Un bambino che si è sentito amare ed incoraggiare nel suo sviluppo si troverà una strada più libera per tutta la vita, esprimerà la sua potenzialità e la condividerà con quella degli altri.
L'immagine della carrozzella ghiacciata rappresenta invece lo stato psicopatico, chi ha allentato i contatti con la vita emotiva nella sua plastica sensibilità ed empatia, i cuori malati che non ascoltano più. Per vie traumatiche, spesso infantili, il fluire affettivo, il sereno rapporto con sé e con gli altri (ed il sapersi disimpegnare in ogni situazione emotiva) subisce delle interruzioni. Ma è anche un modello di vita consumistico che privilegia l'avere e l'apparire a destabilizzare l'equilibrio psichico. L'inaridimento della partecipazione emotiva col prossimo, sia esso un individuo specifico od un "chiunque" impoverisce l'energia di tutti gli stati dell'io. Cum-passione vuol dire rivivere la gioia, il dolore, lo stato d'animo dell'essere umano che si incontra. Sentirlo e capirlo è anche comprendersi di più . Far tesoro dell'esperienza significa affinare l'intuito per distinguere la falsità dalla sincerità, la tipologia dei sentimenti e del loro manifestarsi. Si può far solo osservandosi ed osservando, vivendosi e vivendo in profondità con gli altri. Se non c'è conoscenza - ogni momento sperimentabile - della realtà interiore anche l'io adulto, la ragione, non può né considerarne i dati inconsci né canalizzarne le energie in modo proficuo. Se le religioni insistono tutte sul concetto di misericordia ( o con termini affini: carità, compassione, solidarietà ) da non confondersi con gli ipocriti atteggiamenti pietistici, forse è anche perché c'è un bisogno collettivo di ricordarsi l'importanza essenziale di questo sentimento per la stessa sopravvivenza umana. Perfino un materialista come Leopardi nella sua religiosità personale considerava la solidarietà come fondamento necessario del vivere comune. Se nel mondo assistiamo al massacro della natura e degli uomini tra loro, lo sfruttamento e la distruttività che ad effetto boomerang ritorna a chi la perpetra, sappiamo cosa manca ma sappiamo anche che c'è nel momento che l'avvertiamo. Ognuno, in un modo o nell'altro, chi più chi meno, ha conosciuto il volersi bene. Chi vuol bene si rispetta e rispetta, In ogni attimo può lasciarsi voler bene e sa voler bene: sa quanto conta e sia prezioso per sé e per tutti. E' il cemento che consolida la costruttività umana, la fiducia in essa.

18 marzo 2008

L'AMORE


Cos'è l'amore?
La parola è talmente falsata e contaminata che non mi va granché di usarla. Tutti parlano di amore - ogni rivista e ogni giornale, ogni missionario parla incessantemente di amore.
Amo il mio paese, il mio re, qualche libro, quella montagna, il piacere, mia moglie, Dio.
L'amore è una idea? Se lo è può essere coltivata, nutrita, accarezzata, comandata a bacchetta, alterata come volete.
Quando dite di amare Dio cosa significa? Significa che amate una proiezione della vostra immagine, una proiezione di voi stessi sotto certe spoglie di rispettabilità, secondo quello che credete sia nobile e santo. (...)
L'amore può essere l'ultima soluzione a tutte le difficoltà, i problemi e le pene dell'uomo, dunque come faremo a scoprire cos'è l'amore? Limitandoci a definirlo? La chiesa lo ha definito in un modo, la società in un altro, e c' è una gran quantità di deviazioni e di interpretazioni sbagliate.
Adorare qualcuno, dormirci insieme, lo scambio emotivo, l'amicizia - è questo quello che intendiamo per amore? (.)
L'amore può essere diviso in sacro e profano, umano e divino, o c'è solamente amore?
L'amore appartiene a uno e non a molti? Se dico, "Ti amo", esclude forse ciò l'amore dell'altro? L'amore è personale o impersonale? Morale o immorale? E' qualcosa di intimo, o no? Se amate l'umanità potete amare il particolare? L'amore e un sentimento? E' una emozione? E' piacere e desiderio?
Tutte queste domande indicano - non è vero? - che abbiamo delle idee sull' amore, idee su ciò che dovrebbe e non dovrebbe essere; un modello, o un codice maturato nella cultura in cui viviamo.
Così per approfondire la questione di cosa sia l'amore dobbiamo come prima cosa liberarci dalle incrostazioni dei secoli, mettere da parte tutti gli ideali e le ideologie su ciò che dovrebbe, o non dovrebbe essere. Dividere qualsiasi cosa in quello che dovrebbe essere e in ciò che è, è il modo più ingannevole di vivere.
Dunque, come farò a scoprire cos'è questa fiamma che chiamiamo amore - non per esprimerlo a qualcun altro, ma per sapere cosa esso sia in se stesso?
Come prima cosa devo respingere quello che la chiesa, la società, i miei genitori e amici, quello che ogni persona e ogni libro ha detto su di esso, perché voglio scoprire da solo cosa è. (.) Il governo dice: "Va' e uccidi per amore del tuo paese". È amore questo? La religione dice: "Dimentica il sesso per amore di Dio". E' amore questo? L' amore è desiderio? Non dite di no. Per la maggior parte di noi lo è - desiderio e piacere, il piacere che è derivato dai sensi, dalla attrazione sessuale e dalla soddisfazione. Non sono contrario al sesso, ma cercate di vedere cosa in esso sia implicato. Quello che il sesso vi dà momentaneamente è il totale abbandono di voi stessi, poi finite per ritornare alla vostra confusione e così volete ripetere e ripetere quello stato in cui non c'è preoccupazione, problema, io. (.)
L'appartenere a un altro, l'essere psicologicamente nutrito da un altro, dipendere da un altro - in tutto ciò deve esserci sempre ansietà, paura, gelosia, colpa, e finché c'è paura non c'è amore; una mente oppressa dal dolore non saprà mai cos'è l'amore; il sentimentalismo e l'emotività non hanno assolutamente niente a che fare con l'amore. E così l'amore non ha niente a che fare con il piacere e il desiderio.
L'amore non è un prodotto del pensiero che è il passato. Il pensiero non può assolutamente coltivare l'amore. L'amore non è limitato o intrappolato dalla gelosia poiché la gelosia appartiene al passato. L'amore è sempre attivo presente. Non è "Amerò" oppure "Ho amato".
Se conoscete l'amore non seguirete nessuno, l'amore non obbedisce. Quando amate non c'è rispetto, né irriverenza. Non sapete cosa realmente vuol dire amare qualcuno - amare senza odio, senza gelosia, senza rabbia, senza volere interferire con quello che l'altro fa o pensa, senza condannare, senza far paragoni - non sapete cosa vuol dire?
Dove c'è amore c'è paragone? Quando amate qualcuno con tutto il cuore, con tutta la mente, con tutto il corpo con tutto il vostro essere c'è paragone? Quando vi abbandonate completamente a quell'amore allora non c'è l'altro. Forse che l'amore ha delle responsabilità e dei doveri e ne fa uso?
Quando fate qualcosa al di fuori del dovere, c'è amore? Nel dovere non c'è amore. La struttura del dovere in cui l'essere umano è intrappolato lo va distruggendo.
Finché sarete costretti a fare qualcosa perché è vostro dovere non amerete quello che fate. Quando c'è amore non c'è dovere o responsabilità. (.)
Se ci fate caso potete vedere che tutto ciò accade dentro di voi, potete vederlo con pienezza, completamente, in uno sguardo, senza sprecare tempo a farci su delle analisi. Potete vedere in un momento l'intera struttura e natura di questa piccola cosa senza valore chiamata "io", le mie lacrime, la mia famiglia, la mia nazione, la mia fede, la mia religione - tutte queste brutture sono dentro di voi.
Quando ve ne renderete conto con il cuore, non con la mente, quando ve ne renderete conto dal più profondo del cuore, allora avrete la chiave che potrà mettere fine al dolore. (...)
Quando chiedete cos'è l'amore, potreste essere troppo spaventati per vedere la risposta. Essa potrebbe significare un cambiamento radicale; potrebbe frantumare la famiglia; potreste scoprire di non amare vostra moglie, o vostro marito, o i vostri bambini - no? - potreste dover distruggere la casa che avete costruito, potreste non tornare più al tempio.
Ma se volete ancora scoprirlo, vedrete che la paura non è amore, che dipendere non è amore, la gelosia non è amore, la possessività e il desiderio di dominare non sono amore, la responsabilità e il dovere non sono amore, l'autocommiserazione non è amore, l'angoscia di non essere amato non è amore, amore non è l'opposto di odio più di quanto umiltà non sia l'opposto di vanità. (.)
E così siamo arrivati al punto: può la mente incontrare l'amore senza bisogno di disciplina, pensiero, sforzo, senza alcun libro o maestro o guida - incontrarlo come si incontra un bel tramonto? (...)
Una mente che ricerca non è una mente appassionata e incontrare l'amore senza cercare è l'unico modo per trovarlo - incontrarlo ignari, e non come risultato di uno sforzo o di una esperienza. Questo amore, scoprirete non appartiene al tempo; questo amore è sia personale che impersonale, appartiene sia ad uno che a molti.
Come per un fiore profumato che voi potete odorare o trascurare. Quel fiore è lì per chiunque, anche per colui che si prende la pena di odorarlo profondamente e di guardarlo con piacere. Sia egli molto vicino nel giardino o molto lontano, per il fiore è la stessa cosa, essendo ricco di quel profumo lo distribuisce a tutti.
L'amore è qualcosa di nuovo, fresco, vivo. Non ha ieri né domani. E' al di là della confusione del pensiero. Solo la mente innocente sa cosa sia l'amore, e la mente innocente può vivere nel mondo che innocente non è. E' possibile scoprire questa cosa straordinaria che l'uomo ha cercato eternamente, nel sacrificio, nell'adorazione, nel rapporto, nel sesso, in ogni forma di piacere e di dolore, solamente quando il pensiero arriva a comprendere se stesso e giunge naturalmente a fine. (...)
Potete leggere queste parole ipnotizzati e incantati, ma andare al di là del pensiero e del tempo realmente - cioè andare al di là del dolore - vuol dire essere consapevoli che c'è un'altra dimensione chiamata amore. Ma non sapete come raggiungere questa straordinaria sorgente - cosa fate dunque? Se non sapete che fare, non fate niente, non è vero? Assolutamente niente.
Allora intimamente voi siete nel più completo silenzio. Capite cosa vuol dire? Vuol dire che non cercate, non volete, non andate a caccia di qualcosa; non c'è assolutamente un centro.
Allora c'è amore. (J. Krishnamurti)

17 marzo 2008

GLI APPRODI


Siamo in piena campagna elettorale Casini è contro Berlusconi che è contro Veltroni che è contro Fini che è contro..... bla bla e ri/bla...
io per non distrarvi dai superiori contrasti, sommessamente vi annuncio l'apertura della prima/vera - Recessione all'Italiana del secondo millennio, ad onor del vero è già da un pò di tempo che se ne parla come di un pallido riflesso dello tsunami americano dei mutui subprime e di altre congiunture internazionali....
Essa si staglia all'orizzonte e colora a fosche tinte il nostro futuro....
Gli anni a venire saranno segnati da quanto sta accadendo, bisogna allora attrezzarsi intellettualmente e provare per quanto possibile a veleggiare in questo mare in tempesta nel tentativo di intravedere possibili approdi.
Cari amici, la crisi è iniziata e la sua virulenza è ancora blandamente percepibile.
Il meccanismo entropico s'è innescato e non si può ostacolare, in atto nel sistema si cerca di inoculare meri palliativi ad effetto placebo, sub specie di iniezioni di liquidità, ma la crisi sta per colpire soprattutto chi non ha saputo premunirsi in tempo degli anticorpi.
E' il sistema economico mondiale che sta collassando, in quanto frutto d'un ottimistico artificio privo di consistenza reale, la crescita illimitata, frutto che era teso, in maniera esclusiva, a massimizzare i profitti di pochi a discapito dell'impoverimento di molti.
La responsabilità è da imputare primariamente all'allegra gestione dell'economia, della politica interessata ad avvantaggiare esclusivamente le lobbies di potere.
Per ciò che mi riguarda sento che occorre misurarsi con questa drammatica realtà, per capire.
Rileggere la storia, per comprenderla e farne tesoro, propongo così alla vostra attenzione un illuminante testo di Andrea Mazzalai (tratto dal blog: Iceberg Finanza), che cerca di ricucire il tessuto della storia mettendo in relazione ciò che accade oggi a ciò che si manifestò nel lontano 1929 ed anche in anni più recenti, le affinità che si riscontrano sono a dir poco inquietanti.
buona lettura.
-...."il primo passo verso il baratro fu dato dalla Creazione del credito a fini prettamente speculativi, al di fuori del tradizionale circuito finanziario. "nel ’29 infatti lo stesso sistema bancario non avendo particolari controlli, poté sviluppare con facilità una politica di credito facile e di speculazioni legate alla borsa, attraverso acquisti diretti o acquisizioni, favorendo operazioni allo scoperto che provocarono il fallimento di molti privati cittadini o delle stesse industrie, ritirando improvvisamente le linee di credito. "
Il crollo di Wall Street provocò quindi una serie di fallimenti a catena, dai mercati ai privati ed alle industrie, quindi al commercio, ritornando inevitabilmente alle banche.
“In quelli anni di prosperità economica gli uomini conquistati dalla visione di una prosperità ancora maggiore, estendentesi all’infinito, capivano naturalmente l’importanza di essere ben provvisti di capitale d’esercizio ed impianti, Non era un tempo da spilorci, inoltre era un’epoca di consolidamento, e ogni nuova fusione richiedeva, inevitabilmente, una certa quantità di nuovo capitale ed una nuova emissione di titoli per farvi fronte. Bisogna parlare a questo punto, del movimento di fusione degli anni venti.”
Con queste parole John Kenneth Galbraith introduce il capitolo relativo alle fusioni ed incorporazioni avvenute negli anni precedenti la Grande Depressione.
Nel '29, lo stesso sistema bancario non avendo particolari controlli, poté sviluppare con facilità una politica di credito facile e di speculazioni legate alla borsa, attraverso acquisti diretti o acquisizioni, favorendo operazioni allo scoperto attraverso il margine di debito consistente in affidamenti atti a speculare in borsa.
In quegli anni quando un privato comperava delle azioni, non doveva necessariamente disporre di tutto il capitale. Come scritto nel libro di Fabrizio Galimberti “Economia e Pazzia” lo strumento preferito era il “riporto”, una forma di prestito tuttora presente che consente di ricevere un prestito per un valore del 80/90 % del capitale impiegato nell'acquisto di azioni. I “caller loans” erano concessi non solo dalle banche, ma anche dalle imprese che partecipavano alla frenesia speculativa attraverso l'impiego delle proprie disponibilità liquide. Oggi in maniera impropria potremo paragonarli ai capitali impiegati nelle operazioni di acquisizioni in atto nel settore del private equity ed eventualmente ad operazioni ad alto rischio nelle acquisizioni e fusioni. Secondo Galimberti il denominatore comune delle crisi finanziarie è il ricorso alla “leva” qualunque essa sia, la possibilità di moltiplicare le fonti di guadagno con gli strumenti finanziari senza rischiare i “rigori” dell'economia reale. Il cosiddetto “margin call” ovvero chiamata del margine consentiva di tenere sotto controllo con il margine del 10 % il prestito, ma nascondeva il rischio evidente che in caso di collasso o panico le perdite sarebbero state amplificate.
Nel canyon della finanza, l'eco delle "margin calls" e del "margin debt" stà trascinando nel baratro progressivamente, alcune delle maggiori istituzioni finanziarie unitamente ai principali attori privati di questa epoca irrazionale ovvero Hedge & Private Equity.
Oggi nel sistema è in atto un processo di decellerazione finanziaria globale amplificato dai margin calls, che ha spinto il Fondo Monetario Internazionale a prospettare un impiego di risorse pubbliche, attraverso l'utilizzo di fondi pubblici per salvaguardare l'intero sistema finanziario. In sostanza il tramonto infuocato dell'ortodossia del mercato libero dall'intervento pubblico, la socializzazione delle perdite dopo la privatizzazione degli utili.
Durante gli anni della Grande Depressione tutte le politiche di protezionismo e barriere doganali contribuirono al prolungamento degli effetti depressivi del grande crollo di Wall Street. Oggi inevitabilmente, nelle sale del Congresso Americano continuano ad eccheggiare improvvisi richiami a politiche economiche che contengono il seme del protezionismo.
In quel periodo con le esportazioni di capitali l’America aveva contribuito a mantenere in equilibrio la bilancia internazionale dei pagamenti e appena scoppiata la crisi iniziò il ritiro dei capitali a breve termine. Questa tendenza al ritiro dal mercato internazionale, fu rafforzata dalla politica doganale che gli Stati Uniti perseguirono con l’introduzione della famosa HAWLEY-SMOOT a partire dal giugno 1930 che fu duramente protezionistica e costituì un pericoloso precedente. Ciò che spinse molti paesi a scegliere la via dell’isolazionismo economico fu l’asprezza di quella crisi. ( fonte: “Le trasformazioni sociali” di Gabriele De Rosa )
Per comprendere come la Storia sia una maestra di Vita straordinariamente inascoltata, basta riprendere per un attimo le vicissitudine della US.Savings & Loan Crisis degli anni 80 il più grande scandalo finanziario degli Stati Uniti, principalmente nel settore di ipoteca residenziale supportato da una legislazione risalente al lontano 1930. L’avventura all’interno del mercato immobiliare commerciale altamente ciclico con l’allentamento dei campioni di sottoscrizione, le valutazioni del valore di un immobile che non tenevano conto delle probabili discese di prezzo prendendo in visione solo alternative speculative al rialzo, la pratica di aggiungere dei pagamenti di interessi non saldati in conto capitale e prestiti alterati usando l’accreditamento della banca per persuadere gli investitori a comprare il prestito deteriorato e gli investimenti della banca a valori gonfiati ricorda, anche se in forme differenti la vicenda subprime. Nel febbraio del 1989 l’attuale presidente degli Stati Uniti George Bush annunciava che il Governo sarebbe intervenuto per salvare l’industria finanziaria delle S & L naturalmente a spese dei contribuenti con la crisi finanziaria più costosa che la storia ricordi. Non bastasse la crisi americana, basta volare dall’altra parte dell’oceano per scoprire le principali cause e caratteristiche delle “ JUSEN” giapponesi che provocarono la crisi immobiliare giapponese degli anni 80. Le jusen erano istituti finanziari non bancari costituiti da joint ventures di grandi banche che finanziavano i loro prestiti tramite prestiti ottenuti dalle banche fondatrici. Tali banche erano specializzate nell’erogazione di mutui ipotecari create con l’obiettivo di soddisfare la crescente domanda di prestiti per l’acquisto di beni immobili. Nel corso degli anni ottanta con l’emergere naturale della bolla speculativa il credito, si diresse verso le società immobiliari, indirizzando verso quest’ultime clienti potenzialmente insolventi in quanto le banche fondatrici non volevano assumersi il rischio diretto delle operazioni. Gran parte delle attività di prestito era puramente speculativa, sulla scia di prezzi che crescevano in modo esponenziale concessi nella convinzione che i valori avrebbero continuato a crescere all’infinito. Per concludere le “jusen” non erano soggette alle stesse regole vigenti nel settore bancario e una diminuzione nel valore dei beni immobiliari avrebbe causato seri problemi in quanto la garanzia era riposta nelle proprietà immobiliari.
Ora inevitabilmente è impressionante la similitudine totale con le vicende americane a tal punto da potersi definire una “JUSEN SUBPRIME” made in Japan.
Come dice Yunus uno dei pionieri del Microcredito, premio Nobel per la Pace quando un'intuizione di tale portata meriterebbe perlomeno il premio Nobel all'Economia alla faccia di coloro che hanno affondato il LTCM, dicevo come dice Yunus la povertà potrebbe essere sconfitta se le istituzioni finanziarie, pubbliche o private, governative o internazionali, fossero capaci di sfruttare l’immensa potenzialità di ogni essere umano!”
Prosegue Yunus: “Ho come la sensazione che l’economia basi le sue leggi su presupposti che ignorano gli esseri umani. Tratta gli uomini come macchine e nega gli elementi essenziali della natura umana. Considera gli imprenditori come uomini dalle capacità eccezionali e così ignora le potenzialità della gran massa dell’umanità.
L’economia ama definirsi come una scienza sociale ma non lo è!
Parla di lavoro e manodopera, non parla di uomini , donne e bambini quindi non può ignorare l’ambiente che pretende di analizzare!”

LA PAUSA


Sotto il solleone,
provate ad osservare una lucertola che passa strisciando lungo il muro di casa vostra,
osservatela attentamente e mentre la osservate,
guardate tutto il movimento,
la delicatezza dei suoi movimenti.
Così, alla stessa maniera, provate ad osservare il vostro pensiero,
non correggetelo,
non reprimetelo,
non dite che è troppo difficile,
osservatelo solamente
ora, in questo momento,
vi accorgerete che tra i pensieri che scorrono liberi,
c'è un attimo di silenzio,
non collegato al processo intellettivo,
una pausa.
Se fate attenzione vedrete che quell'attimo di silenzio,
quell'intervallo,
non appartiene al tempo,
e la scoperta di quelll'intervallo,
vivere quell'intervallo
è il significato della meditazione. (J. Krishnamurti)

16 marzo 2008

IL RUMORE DELLE PAROLE


Ascoltare è un'arte che non è facile acquisire, ma che porta con sé bellezza e comprensione profonda. Ascoltiamo dalle profondità del nostro essere, ma il nostro ascolto è sempre alterato da preconcetti o dai nostri particolari punti di vista. Non siamo capaci di ascoltare direttamente, con semplicità; in noi l'ascolto avviene sempre attraverso lo schermo dei nostri pensieri, delle nostre impressioni, dei nostri pregiudizi... Per poter ascoltare ci deve essere calma dentro di noi, un'attenzione distesa, e non deve esserci il minimo sforzo tendente ad acquisire qualcosa. Questo stato vigile e tuttavia passivo è in grado di ascoltare quello che è al di là dei significati delle parole. Le parole portano confusione; sono solo un mezzo di comunicazione esteriore, ma per trovarsi al di là del rumore delle parole è necessario ascoltare in uno stato di vigile passività. Coloro che amano sono capaci di ascoltare, ma è estremamente raro trovare chi sia capace di farlo. La maggior parte di noi è troppo occupata a raggiungere degli obiettivi, a ottenere dei risultati; stiamo sempre cercando di andare oltre, di conquistare qualcosa, così non siamo in grado di ascoltare. Solo chi ascolta veramente può cogliere la melodia delle parole. (J. Krishnamurti)

15 marzo 2008

SAPER ASCOLTARE


Vi siete mai seduti in silenzio senza fermare l'attenzione su una cosa qualsiasi,
senza fare il minimo sforzo per concentrarvi,
con una mente davvero calma?
Se lo fate, potete ascoltare i rumori lontani e quelli vicinissimi a voi:
siete in contatto coi suoni.
Allora state veramente ascoltando.
La vostra mente non si limita a funzionare attraverso un solo insufficiente canale.
Quando ascoltate in questo modo,
con grande tranquillità,
senza sforzo,
scoprite che dentro di voi avviene un cambiamento straordinario,
un cambiamento che non dipende dalla vostra volontà e che si produce senza che voi lo chiediate;
è un cambiamento che porta con sé l'immensa bellezza di una percezione profonda.
(J. Krishnamurti)

14 marzo 2008

GUARDARE INTENSAMENTE


Ho l'impressione che tanto l'atto di imparare, quanto l'atto di ascoltare ci risultino straordinariamente difficili.
Noi non ascoltiamo mai veramente, perché la nostra mente non è libera; le nostre orecchie sono imbottite di tutta la conoscenza che portiamo sempre con noi, così ascoltare diventa straordinariamente difficile.
Penso - anzi, è un fatto - che se potessimo ascoltare con tutto il nostro essere, con una vigorosa vitalità, allora l'atto di ascoltare diverrebbe un fattore di liberazione.
Ma sfortunatamente voi non ascoltate, perché non avete mai imparato a farlo.
In fondo, potete imparare qualcosa solo quando vi impegnate con tutto il vostro essere.
Imparate la matematica solo quando vi ci dedicate totalmente; ma se vivete in uno stato di contraddizione, cioè se venite forzati ad imparare mentre non avete alcuna intenzione di farlo, allora l'imparare si riduce ad un vuoto processo di accumulazione.
Quando leggete un romanzo nel quale si muovono innumerevoli personaggi, se volete seguirne le vicende, dovete impegnare tutta la vostra attenzione; non potete pensare ad altre cose.
E' di un'attenzione simile che avete bisogno per imparare.
Se volete sapere come è fatta una foglia, una foglia di primavera o una foglia d'estate, dovete guardarla per vederne la simmetria, l'intessersi delle fibre, per sentirne la qualità.
Una foglia è viva.
In ogni foglia c'è bellezza, vigore, vitalità.
Se volete imparare qualcosa che riguardi una foglia, un fiore, una nuvola, un tramonto o un essere umano, dovete guardarli con tutta l'intensità del vostro cuore. (J. Krishnamurti)

13 marzo 2008

PREGHIERA


Mi sento come un viandante intento a salire sulla cima d'un monte a rimirar le stelle,
dopo essersi perduto nel mondo, provo a respirare un aria nuova,
aspiro alla luce.
Sono alla ricerca di un rinnovato vedere, sentire,
attento agli impercettibili tempi dell’anima,
io che ho l’anima malata.
Così mi allontano spesso dal quotidiano tran tran,
mi allontano dallo sterile tempo del commercio che ci depriva degli affetti,
che ci annulla.
Per ritornare all’intimità del noi,
alla condivisione,
agli sguardi comunicativi pieni di amorevole cura,
al tempo materno delle sicurezze,
al luogo com/prensivo,
dove tutte le cose pronunciano il tuo nome
lì ci si riconcilia, lì le pause, il silenzio sono il pieno,
e il corpo è strumento teso a magnificare la vita,
ad esaltare la sostanza del mondo.
E scrivo così, anche di te, del tuo esserci,
e vedo il cielo e il mondo in un altra luce.
La vocazione al silenzio dà respiro al tempo che irradia di sé il mondo e
il ritmo dell’esistenza viene scandito dal battito del cuore.
I moti dell’anima salgono al cielo,
totalmente presente,
pienamente uomo al tuo cospetto… mi ritrovo
ad amarti d'un amore infinito.

12 marzo 2008

SAGUNTO


I frammenti delle culture materiali, esigono una lettura critica che le leghi ad una prospettiva storica .
L'archeologia è il percorso gnoseologico da cui partire per una ricerca di senso , ricerca tesa a definire le leggi di formatività dello spazio.
Ne consegue per l'architetto la necessità di riprendere strategicamente le mosse dal passato per ritessere i rapporti col presente.
L'architettura esige la sua Rappresentazione.
La ricostruzione del teatro di Sagunto di G. Grassi parte dal riconoscimento critico del progetto di Restauro come problema da un lato e come occasione dall'altro ,di raccontare appunto la necessità dell'architettura ad esistere in quanto tale, fuori da ogni rimemorazione, anche come sommatoria di lacerti reintegrati costruttivamente dunque visivamente.
Restauro come Necessità di rendere di nuovo evidenti i rapporti spaziali, volontà di ripristinare antiche gerarchie.

Il nostro evoca la spazialità del teatro romano vincolandola ad un sistema logico-costruttivo che coniuga i resti ruderizzati alla nuova configurazione architettonica in una chiave museicizzante.

" Si restituisce l'opera o il monumento che è completamente sparito, seguendo i testi che si trovano nelle descrizioni o a volte seguendo le indicazioni che possono fornire le opere dello stesso genere ( Quatremere de Quincy).
In quanto detto l'operazione di G.Grassi, trova piena legittimazione, infatti lo sforzo di ripristinare l'antico rapporto con la cittadina di Sagunto si è concretizzato nel riconoscimento delle ragioni storiche del teatro Romano, con lo studio comparato dei linguaggi architettonici propri del teatro come architettura della rappresentazione, il nostro, estremisticamente, è giunto alla determinazione di ricostruirlo aggiornandone i portati stilistici, recuperando all'oggi, il senso del volume, della storia.
Questa ricerca che parte dal riconoscimento dei luoghi, dalla ricostruzione mnemonica delle sequenze spaziali tesa all'individuazione di una narratività delle forme (Yates), sfocia nella ricostituzione delle ragioni dell'architettura nel suo farsi.

06 marzo 2008

POLIS


ai Siciliani,
il compito di suscitare un nuovo Rinascimento
aperto all’esigenza di ricerca delle complessità,
senza l’abbandono a riduzioni omologanti
che restringano il ventaglio delle possibilità.
Chiudere gli spazi a qualsiasi tentativo di semplificazione,
frutto dell’applicazione acritica di modelli preconfezionati ( dottrine, manuali, etc.)
e cominciare a leggere il territorio.
Ri-creare,
nello spazio generativo dei loci mnemonici,
dove si perpetua la memoria come radice del nuovo e della contemporaneità,
il mondo.