31 ottobre 2008

LA PRESENZA DELL'ASSENZA

E' necessario sublimare la presenza dell'assenza, che vuol dire accettare le distanze come tali, definirle come non misurabili, non lasciarsi toccare, attraversare dalle cose, dagli accadimenti e diventare manifestazione compiuta dell'incorporeo...musica...poesia...

30 ottobre 2008

Benedizione Irlandese

Che il vento nei vostri capelli
vi porti il palpitare della vita.

Che i vostri piedi lascino nella polvere
orme di speranza.

Che nell'oscurità
voi udiate battere il cuore del prossimo.

Che le vostre mani si protendano
come porte che si aprono.

Che le vostre bocche trasmettano
quanto vi è dato di ricevere.

Che le vostre orecchie colgano
quello che le parole dicono solo a metà.

E che la grazia del Signore vi accompagni
anche là dove non vorreste andare.

27 ottobre 2008

RIVERBERI DI VITE PASSATE

...dischiudere le mani
al cielo
nel tempo che passa…
correre
a piedi nudi
correre a perdifiato
contro l’azzurro

c’è dell’altro
oltre l’agonia dei giorni
frasi sopite
sguardi non dati..
speranze di vita

..rifugiatasi nell’ombra
dell'agosto remoto…..
.. trovò favole e nenie
e lacrime di gioia?

22 ottobre 2008

ANIMA MUNDI

Proviamo a immaginare l'anima mundi
non già come una divina
e remota emanazione dello spirito
che sta al di sopra del mondo e lo circonda,
un regno trascendente di potenze,
archetipi e principi;
e neppure come panpsichico principio vitale unificatore,
immanente nel mondo materiale.
No, proviamo a immaginare l'anima mundi
come quella particolare scintilla d'anima,
quella immagine germinale,
che si offre in trasparenza in ogni cosa nella sua forma visibile.
Allora anima mundi indica la possibilità di animazione
offerte da ciascun evento per come è,
il suo presentarsi sensuoso come volto
che rivela la propria immagine interiore:
insomma, la disponibilità di ciascun evento
a essere oggetto dell'immaginazione,
la sua presenza come realtà psichica.
Non solo animali e piante infusi d'anima,
come nella visione dei romantici,
ma l'anima data con tutte le cose,
le cose della natura, date da Dio,
e le cose della strada,
fatte dall'uomo.
Il mondo esiste in forme, colori, atmosfere, qualità tattili:
un ostensione di cose che si autorappresentano.
Tutte le cose mostrano un volto,
il mondo essendo non solo un insieme di segni in codice
di cui decifrare il significato,
ma una fisionomia da guardare in faccia.
In quanto forme espressive, le cose parlano;
mostrano nella forma lo stato in cui sono.
Si annunciano,
testimoniano della propria presenza:
"Guardate, siamo qui".
E ci guardano, indipendentemente da come le guardiamo noi,
dalla nostra prospettiva,
da ciò che vogliamo fare di esse e da come di esse disponiamo.
Questa immaginativa richiesta di attenzione
è il segno di un mondo infuso di anima.
Non solo:
a sua volta, il nostro riconoscimento immaginativo,
l'atto fanciullesco di immaginare il mondo,
anima il mondo e lo restituisce all'anima. ( James Hillman)

20 ottobre 2008

CAREZZAMI

è sola
e sta male
ansima
freme
ha paura
la mente sconvolta,
il corpo raccolto..
“ Carezzami, soffio vitale,
teporentro le mani
e tu, vischiosa saliva
ristai in gola
e scendi nelle mie cavità articolate
perverse.
Produttiva saliva
moltiplica quest’esistere
d’acqua,
di terra,
d’aria,
di fuoco,
mi chiedo, ora come non mai
quanto di ciò che si perde
rimane attaccato …….”.

18 ottobre 2008

LE MIE ONDE

Sciogliti sul mio corpo

onda chiassosa che tace l'amore

lascia sulla mia pelle

la tua spuma salmastra

e avvolgimi con spire

che cantano di sirene ammaliatrici

ed eroi ammaliati

di legni infranti tra scogli improvvisi

di anime per sempre disciolte nel sale. (Roberta La Torre)



16 ottobre 2008

TERRA DI HURQALYA HA UN ANNO DI VITA

E’ trascorso un anno, da quando s’è iniziata l’avventura di terra di hurqalya, ed urge un ritorno alle origini, al primo post pubblicato il 16 ottobre del 2007, tante cose sono state trascritte dopo, pensieri, poesie, riflessioni varie.
Riproporre LA CURA, oggi, dimostra che il tempo è relativo, virtuale,
un anno è un soffio.
La cura è un incipit vita nova,
e compiutamente racchiude il senso di ciò che questo sito vuole essere, un luogo in cui l’attenzione verso le cose non è frutto di un interessato coinvolgimento che mette al primo posto il sé, ma è il portato di una sensiblerie, di una passione che riempie la terra, empateticamente, e si perde in essa.
In questo luogo che è meta di poeti, filosofi, letterati, architetti etc etc. si sono dipanati e si dipanano percorsi verso un non so dove, che non si raggiunge mai, che è rappresentato solamente da una tensione a….ad andare, al viaggio, e che si trova sempre un po’ più in là di dove si è…..
P.S.: Cerco sempre anime pie che coinvolte spiritualmente dai percorsi tutti ascensionali di questa terra, luogo di fioriture, possano manifestarsi, con un sibilo, con un cenno, per dire e rendersi partecipi di questo mondo come figli di una rinnovata sensibilità.
A voi hurqalyani il mio accorato appello, alla partecipazione, al coinvolgimento.

LA CURA

“Un piccolo paese è un paese
che è stato grande
e se ne ricorda”
(georges simenon)

Monforte.
Per me rappresenta la necessità di affermare una modalità di pensiero che si situa, in controtendenza rispetto ad un pensiero unico, indisponibile a scendere a patti con i luoghi, un pensiero che si sovrappone e azzera ogni parvenza di continuità nella storia.
Cosa vuol dire, oggi, vivere entro le spesse mura della vita che scorre ancora lenta;
E‘ rubare attimi al tempo tiranno della contemporaneità, attimi di fioritura, di una densità esistenziale ineguagliabile.
E’ trovare nei luoghi, nella roccia dell’Immacolata ad esempio, il punto di giunzione tra reale e immaginario, e per ciò stesso, una vedetta protesa sulle distese infinite, tra cielo, terra e mare.
“ sentinella, oh là, che vedi …”
nascondere attimi all’oblio, alla dimenticanza della continuità tra passato e futuro, nel presente.
È essere simbiotici al luogo-volto che rimanda ad una fisiognomica del paesaggio, fatta di contorni definiti, di passaggi temporali, di interstizi liminali , carichi di vissuto, nella manifesta possibilità di rigenerare le cose, poeticamente.
È cancellare le forme del soggettivismo tecno-estetico, calato dall’alto a stuprare la materia urbica, tentando di ricostruire il con-senso, a partire dal riconoscimento del potere trasformante di chi abita i luoghi.
È leggere le cose come manifestazioni dei luoghi, che dai luoghi traggono la loro energia, ricomponendoli, senza farne astrazione ma mantenendoli vivi, attraverso un pensiero inclusivo, capace di ritornare ad un tempo dell’uomo, un tempo biologico, scandito dal battito del cuore.
Un tempo vivo, non condizionato dai paradigmi dello sviluppo tout court, corale, volto ad inaugurare un processo di ricoscientizzazione ecologica, una rinnovata attenzione all’oikos, al fare anima.
Monforte, come frazione-mondo, rappresenta l’urgenza di ritornare alla cura dei luoghi, reimparando un gusto dell’operare nel nascondimento, in compagnia
“di un pensiero involontario e non progettante, non il risultato frutto dello scopo e della volontà, ma di un pensiero necessario, unico, che viene su da solo, “
non chiamato, risposta ad una consonanza dei sensi, aperti allo stupore.
Il dono.
E’ un vezzo dello scrivente, non rimanere ancorato entro i ristretti ambiti di pertinenza disciplinare dell’amata architettura, che gli si confanno, ma cabotare su plaghe letterarie straniere, a voler nominare i luoghi, novello geografo, per definirli.
Nello scrigno di pietre e vita chiamato Monforte, l’opera dello sguardo è ancora viva, facciamo che non si perda, perché essa è leggera, è fatta di aurea materia, di sguardi che si incrociano e comunicano, dentro vie strette ed anguste.
Il significato del racconto è riposto nella necessità di ristabilire un nesso esistenziale tra le cose.
Il luogo.
Porta Terra, nei pressi della porta urbica, il campanile di S. Agata mima una sentinella che attende il vociare dei bambini, sempre più pochi, a rompere il silenzio.
Quella mattina, era tutto un aprirsi d’usci di case che ritmavano il nostro inerpicarci lungo le vie, sentivo me stesso, Caterina, le sue allieve e le case vicine, uniti, nell’integralità di una comunione spirituale; in certe occasioni preda d’una particolare disposizione d’animo, non si è astrattamente pieni delle proprie soggettive facoltà raziocinanti, ma si partecipa empateticamente ad un evento, con tutti i sensi in ascolto che vibrano, totalmente ricettivi, in un moto di accellerazione emotiva che si nutre dell’intorno e ne è nutrito.
Eravamo assorbiti dal luogo, il nostro argomentare fluiva libero entro gli ambiti gerarchizzati del borgo, fermandosi, per non transvolare sul limitare della linea di demarcazione dei tetti, la mitica linea di seconda natura, il luogo caro agli dei pagani, le nostre frasi compendiavano le immagini, i suoni, gli odori, che ci arrivavano dall’alto, dal basso, da ogni dove, in un crescendo percettivo, preludio di sorprese future.
Dai balconi, si squadernava, un tempo, il paese delle coperte, delle lenzuola dei letti disfatti da riassettare, a celebrare il nuovo giorno mischiando la freschezza del mattino alla pesante aria notturna, l’afrore dei corpi stagnante, all’interno delle stanze della vita, che si bagna di nuova linfa.
Questo passato, dal respiro profondo delle pietre, ci ammaliava.
Il corpo nel corpo.d’un tratto dal corpo maturo d’una donna nell’aria si spanse, la grazia.
C’è un disegno sotteso del mondo che si esplica nell’intreccio e si concretizza nella matrice decorativa delle cose, nell’organico dipanarsi dei racconti di pietra, nella piena e vitalistica coscienza del proprio essere terra e soffio, o soffio di terra.
Come definire altrimenti, quel meccanismo virtuoso, legato all’imponderabilità dell’accadere che prepara e origina gli eventi nel tempo, l'agire sposò la sua propria forma e una donna, questa donna, si diede a noi come manifestazione di un umanità possibile, come sapienza profondamente legata ai cicli naturali dell’esistenza; essa e solo essa, in un anfratto di spazio tempo, riscattava con un gesto di libera espressione dello spirito il suo mondo, e, lo faceva, semplicemente, volgendo gli occhi verso noi, ricolma del pudore – candore pieno di poesia della mano piena della poesia dei fiori di campo appena raccolti, freschi di terra, come a dire, con una naturalezza disarmante, eccoli qui, dall’eternità, vi attendevano, erano pronti ad essere donati.
Penso a come quest’impercettibile sequenza nel titanismo delle imprese della contemporaneità sembri piccola cosa, ma rivestiamola del retroterra culturale da cui proviene e ci accorgeremo di quanto eravamo migliori, come uomini, più brutti, più sporchi, ma sani, ricchi dentro, nella sua trasparente semplicità quel fiore è dunque un ponte, una colleganza , un tentativo di recuperare le distanze di avvicinare due rive, sempre più lontane..Attraverso l’integrale rappresentazione dello spirito oblativo della donna viene esaltato, un amorevole gesto di accoglienza, in tal senso, è Monforte che trascendendo la sua finitezza, si sostanzia nel seno di questa madre prodiga, e nel monte dell’Immacolata metafora della grande madre, Monforte si riscatta dall’oblio, dalla dimenticanza che il tempo presente le riserva.
Le nostre radici ci chiamano, al lavoro del campo, ognuno nel suo, lungi dall’idealizzarlo, esso va ricoltivato, bisogna andare a scoprire la nobile arte di Columella, perché in essa è riposto il senso d’uno splendore antico, quel corale mutuarsi delle stagioni della vita in un divenire regolato dalla conoscenza, costituente la comune identità in cui ci si riconosce e si è riconosciuti.
Questi fiori, propongo di ripiantarli in seno alla terra demarcata, varcata che si sia porta terra, a rinnovare il rito fecondante, contrastando l’arretramento dell’uomo verso il nulla della propria solitudine orgogliosa, nell’ incapacità di donare e di donarsi.
Questi fiori saranno preghiera rivolta al cielo, carezzevole cielo che li ha visti nascere e donare a riempire il vuoto delle nostre distanze, infinite, radicali.

14 ottobre 2008

Pongo alla vostra attenzione una citazione di Mario Tronti tratta dal libro " Politica al Tramonto": - Si pensa alla politica allo stesso modo che si fa politica, nel conflitto, con l'abilità delle mosse e la forza delle idee, avanzando, attaccando e aggirando le posizioni dell'avversario, facendo prigionieri tra i pensieri degli altri e liberando i propri, immaginazione e conoscenza, visione dell'insieme del fronte e cura della battaglia qui e ora -.
Tutto è generato da questo travaglio, dall'impari lotta tra desiderio e realtà....

13 ottobre 2008

I CERVELLONI

I cervelloni dell'economia assistita,
oramai non v'è più un alternativa a questo,
il laisser faire è morto e sepolto,
stanno studiando come ricapitalizzare le banche..
qualcuno li informi, però,
che serve ricapitalizzare l'economia reale,
che serve rivitalizzare il tessuto economico,
contagiato da questa crisi ineluttabile...
dopo anni di finanza creativa, peste del nuovo millennio.

09 ottobre 2008

Cambiare si può


Io non ho la concreta percezione
di quanto accade intorno a me,
è come se vivessi in una bolla,
un entità introflessa che mi permette solo di navigare a vista,
preso come sono dalle mie cose,
dalle mie pretestuose espressioni di vita,
tutti voi sapete com’è: battiamo tante strade/piste,
morsi dall’estro, partecipi di una corsa frenetica,
si scorrazza in lungo e in largo,
suonando il clacson,
peee peee,
per farci largo nella confusione,
per farci notare,
e ritagliarci un pezzetto di storia,
la nostra piccola storia, da raccontare, la sera.
Anche in questo momento, quanti di noi ,
mentre scrivo, 
nell’apparente quiete della sera,
si stanno dando  da fare,
e stanno  schiacciando con veemenza,
il peee peee,
come estremo consuetudinario segno di un inabitudine al silenzio
diventata prassi del vivere sociale,
siamo totalmente immersi nel caos
assuefatti dall'assordante rumore di fondo
che si leva dal basso,
dalla pancia del mondo.

Abbiamo abbandonato, 
il silenzio della meditazione
immagine del tutto pieno,
simbolo di una conoscenza introspettiva che si apre al mondo.

Cambiare si può, si deve...

Soffermiamoci sulle nostre traiettorie esistenziali,
scaviamo un solco profondo tra noi e la disattenzione
di cui è pieno il nostro quotidiano,
misuriamoci con l’esigenza sempre più pressante di capire cosa siamo diventati,
cosa ci attraversa, ci riempie, ci accoglie, ci condiziona, ci ama.
Stiamo vivendo
una piega del tempo,
piena delle nostre contraddizioni,
stiamo permettendo al nulla di irretire la nostra realtà
di condurla verso l’assenza di ogni prospettiva,
in una lacerazione del senso, frutto purtroppo, e ce lo dobbiamo dire, spesso di  improvvisazione, banalissima, miserabile.. improvvisazione
non sanno, non sappiamo quello che facciamo, è storia...
siamo drammaticamente vuoti,
privi di conoscenza...
schiavi della banalità..
.. del male.
Come reagire a tutto questo..
occorre, innanzitutto,  essere presenti a se stessi
abitare poeticamente, la terra sotto il cielo,
connotare il proprio spazio esistenziale
misurandolo, circoscrivendolo,
ridando slancio alla vitalità,
degli incontri
per modellare e dare forma compiuta
alla nostra esistenza.
Qui  il discrimine, cher amis...
tra il vivere e il morire...