14 maggio 2008

AFFIORAMENTI

Raccontare di un progetto per la biennale arte di Venezia di qualche anno fa, progetto mai realizzato, può essere interessante a far comprendere il fermento creativo, le elaborazioni concettuali..il fervore che sale….
Accostatevi a questo scritto come ad un arancino, si concretizza mordendolo.

Affioramenti.1 prima idea.
Ciò che rimane, dopo la catastrofe è il senso di una geometria perduta, perfettibile.
La contaminazione di tutte le forme in una sorta d’ibridazione creativa che invece di distinguere contamina di sé tutte le cose.
Immagino un involucro che ha una struttura in legno e ferro, ed è costituito da una doppia pelle all’interno plastica, colorata effervescente, carica dei simboli della cultura mediterranea, questo involucro è lucescente, costituito tecnicamente da un anima luminosa installata all’interno dei 30 cm di spessore dell’intero telaio, tale anima fibrilla come tutto il contesto, è instabile si evolve verso stadi di maturazione organica, quasi avesse un esistenza, una coscienza propria, macchinale.

ome tutto il contesto, è instabile si evolve verso stadi di maturazione organica, quasi avesse un esistenza propria. e, costitu

Affioramenti.2 seconda idea.
Ciò che rimane oppure ciò che non è ancora.
Ciò che affiora può essere un confine, un limite, un bordo significante in cui raccogliere i pezzi di una memoria da ricostruire oppure un confine che sconfina, verso memorie luminose di simultaneità “pertinente”.
Affioramenti come porta d’ingresso verso codici performativi in cui si esprime una nuova predisposizione corporea a sentire, a captare come sismografi della contemporaneità.
L’involucro del padiglione, è di forma cubica, la sua composizione è da intendersi in una chiave processuale, ciò che emerge come dato finale è la distorsione dell’involucro frutto di una fibrillazione dello spazio, spazio della tecnocomunicazione, in cui strutture mutanti generate nelle pixel-zone, aree occupate da una logica geometrica frattale, emergono, stazionando entro i confini di quest’area “sacra”.
Esso è Ciò che rimane della storia, un reperto affiorato dal mare, dopo la caduta.
Luogo della memoria.
E ancora luogo dove si scorge il non ancora rappresentato, si anticipa il non ancora comprensibile.
Il padiglione all’esterno è rivestito con lamelle di rame o zinco acidato, collocate su un rivestimento sottostante di assi di legno.
La retroilluminazione dei pannelli in plexi relative alle foto di marchica che dovranno essere stampate su una superficie di 2,30 x 1,10 ca, e alla porzione sottostante lo schermo per la proiezione di immagini e sotto il tappeto di zappalà che verrà appeso a parete e dovrà avere una dimensione di 2,50 x 5,00 ca, sarà realizzata con l’uso di semplici neon. A soffitto verrà collocata l’opera di guzzetta (l’onda).
Al centro della composizione c’è l’opera di Russo.
La scultura di Marchese ho immaginato di collocarla fuori, in prossimità dell’angolo a sinistra dell’ingresso, in quel punto il cubo (Kaaba) subisce la distorsione maggiore rispetto all’ortogonale, e richiama l’idea voluta della chiglia di una nave, la scultura oltre a definire un effetto di drammatizzazione dello spazio serve a semplificare e a rendere meccanicamente percepibile l’intera contestualizzazione.
Il viaggiatore è fuori e sta per entrare all’interno.

ex occidente lecito campo
introitus patet haut claustris sunt ostia clausa
janua se pandit nec male progrederis
Un cubo distorto esternamente nero di 6 metri per lato.
Il rivestimento esterno è composto di lamelle di zinco acidato; Il piano di calpestio è in assi di legno, segnati a scacchiera; la struttura portante è in legno e ferro; le pareti interne sono ricoperte di fotografie e\o opere polimateriche e/o pannelli di plastica colorata retroilluminate.
La luce, all’interno del cubo per la maggior parte proviene dalla retroilluminazione dei pannelli verticali, l’intercapedine tra il telaio strutturale e le pannellature interne misura cm.15 ca, tali da contenere gli ingombri tecnologici, utili alle interazioni virtuali.
Un eccesso di luce- verticale/ un eccesso d’ombra- orizzontale.
L’ingresso è posto su un angolo svuotato;
In prossimità dell’ingresso all’esterno , è collocata una scultura antropomorfa.
Sempre all’esterno nell’angolo caratterizzato dallo scarto più cospicuo rispetto alla verticale si materializza la quinta di un dire artificiale, ibridazione semantica di un luogo topico che diventa non luogo nell’assolutizzazione della virtualità dell’accadere, l’avambraccio effimero dell’occidente.
All’interno, sulla parete di fronte all’ingresso in uno schermo scorre un testo in lingua araba, ripetuto da una voce salmodiante in arabo.
Al centro del cubo, all’interno, un menhir neobarocco dichiara un assenza, circoscrive un vuoto, alla maniera del pizzicotto zen, amplifica un dire e un sentire che si dà nella liquidità, nell’erosione delle certezze spazio/temporali.
Il nucleo centrale dell’opera è, dunque, il viaggio nella contrapposizione tra l’eccesso del nero e la violenza della luce e delle immagini, o tra interiore\esteriore, occidente\oriente, amico\nemico, negazione\affermazione, iconoclastia\iconografia: il legame ambiguo e obliquo, indecidibile e indicibile, del flusso migratorio contemporaneo, il conflitto nel punto dove si intravede il non ancora rappresentato, si anticipa il non ancora comprensibile.
All’ingresso della Kaaba , gli uomini, come sismografi della contemporaneità, e gli affioramenti come varchi in cui strutture mutanti generate nelle pixel-zone e aree occupate dalla logica geometrica frattale, predispongono la distorsione/destrutturazione del cubo\involucro, frutto di una fibrillazione dello spazio che è spazio della tecnocomunicazione.
Nient’altro che Affioramenti, entro i confini di quest’area “sacra”, come fluttuazioni della memoria e del desiderio.

Opere:

  • 6 elaborazioni fotografiche (allegato 1) di Marchica – misura 2.20 x 1.10 ca – collocazione: parete a sinistra entrando
  • Scultura lignea (allegato 2) di Salvo Russo – misura 2.35 x 1.40 – collocazione: centro interno.
  • Installazione lignea lamellare (allegato 3) di Concetto Guzzetta – misura 4,00 x 4,00 ca - collocazione: soffitto.
  • Installazione polimaterica (allegato 4) di Nicola Zappalà - misura 2.50 x 5.00 ca - collocazione: parete destra entrando.
  • Scultura lapidea (allegato 5) di Antonio Portale – misura 3.00 x 1.20 x 0.70 - collocazione: esterno fronte ingresso.
  • Scultura marmorea (allegato 6) di Silvio marchese - misura 1.20 x 0.90 - collocazione: esterno angolo a sinistra dell’ingresso.
  • video con testo arabo

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