05 dicembre 2007

L'ECCELLENZA NEGATA


Il punto da cui partire per pensare la differenza europea non può essere l’idea ellenica di eccellenza: questo ideale dell’essere umano è stato assimilato e sviluppato dalle grandi correnti della cultura europea, dalla scolastica medievale al Rinascimento, dall’Illuminismo al Romanticismo, dal Positivismo al Modernismo, ma esso ha ormai lasciato il nostro continente e trova nei nuovi continenti il suo Humus, il terreno propizio per la sua crescita. Con ciò naturalmente non voglio dire che in Europa non ci siano uomini e donne eccellenti: penso che non esistano più in Europa le condizioni sociali, politiche e culturali favorevoli al loro riconoscimento. Appena si manifesta una superiorità, tutto cospira per annientarla, attraverso la congiura del silenzio o la pratica della ridicolizzazione, attraverso la diffamazione o la dittatura dei sondaggi di opinione, attraverso il disprezzo della qualità o l’asserzione dell’universale ignominia. Il tiro al piccione del migliore comincia con la distruzione sistematica delle istituzioni dell’istruzione scolastica media e superiore, accuratamente perseguita nella maggior parte degli stati europei e culmina con la denigrazione personale dei grandi pensatori europei del XIX e del XX secolo e con la liquidazione della loro eredità teorica.
Nei confronti dell’eccellenza viene perciò perseguita una vera e propria strategia terroristica che induce chi mira all’”arduum et difficile” a vergognarsi delle proprie aspirazioni e a nascondersi dietro l’ultima idiozia sostenuta dalle ricerche di mercato. In Europa non c’è più posto per Faust (e nemmeno per don Juan)! La condanna dell’ammirazione, che Descartes considerava come la passione più forte, segna la fine di una civiltà che per millenni ha fatto del riconoscimento sociale dell’eccellenza una delle proprie basi.
Il furore contro l’eccellenza è in stretto rapporto con la malinconia europea, con quello stato profondo di avvilimento e tristezza che caratterizza la tonalità emotiva dell’Europa attuale. Come è noto, l’analisi più penetrante della malinconia è quella data da Freud. A suo avviso, la malinconia è caratterizzata da un profondo scoramento accompagnato dalla perdita della capacità di amare e da un avvilimento del sentimento del sé che si esprime in autorimproveri e in un radicato senso di colpa. Per Freud, la sindrome malinconica è in stretto rapporto col lutto, il quale consisterebbe nel lavoro psichico svolto al fine di ritirare la libido da una persona o da un oggetto amato, che è venuto meno, e nel trovare un sostituto. Se il lavoro del lutto non ha luogo, si installa la sindrome malinconica nella quale un enorme impoverimento dell’io si accompagna ad un atteggiamento di accusa nei confronti degli altri.
Questa analisi della malinconia fornisce una chiave per comprendere il nichilismo europeo, il quale non sarebbe altro che una reazione malinconica al tramonto di quei “valori” metafisici che hanno sostenuto ed appoggiato l’ascesa degli europei e delle europee a padroni del mondo.

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