08 dicembre 2007

DI TERRA E DI MARE


Lo sfondamento dell’orizzonte prodotto dal mare impedisce che ogni sapere si fermi in un pensiero definitivo.
L’uomo mediterraneo vive da sempre tra terra e mare e limita l’una tramite l’altro.
La premessa di qualsiasi apertura a 360 gradi, debitrice di suggestioni panthalassiche, è nella consapevolezza dell’inconoscibilità di un luogo, del suo sottrarsi a noi e alla nostra esperienza quando non siamo capaci neanche di immaginare che il nostro essere lì possa costituire un oltraggio.
L’attuale deculturazione, frutto di rigidità epistemiche, non è un destino ad essa si può reagire con uno sforzo creativo capace di innestare in modo originale la storia di un paese nella modernità, di scoprire un uso nuovo di tradizioni antiche.
Occorre per far ciò un lungo processo di trasformazione culturale,
occorre che venga frenata la deriva riduzionista dell’identità culturale dell’occidente all’imperativo dell’espansione illimitata, che la resistenza alla mercificazione e alla tecnicizzazione di tutti gli ambiti di vita non sembri più frutto della malinconia di signori superati dai tempi (vedi post l’eccellenza negata).
Che cosa è più complesso di una buona riflessione? Essa è sempre doppia. E' fatta di terra e di mare.
Bisogna ritornare a porsi davanti all’infinità marina che apre tutte le possibilità, essere erratici, aperti al cambiamento perché mutevoli, cangianti come le maree, dare libero corso al pensiero..
ce lo insegna la grecia, cui è necessario ritornare.
La grecia che è l’ombra e la luce.

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