29 dicembre 2007

..SOLEVA RIPOSARSI..


Il cielo, il mare,
e la terra astratta, corrugata, compressa.
Il respiro del mondo,
sentirlo, nelle cose,
avvertirlo, nel dedalo di vie di un borgo, in cui si ritrovano,
nella grande festa dei corpi, le minute, risibili,
esistenze degli uomini.
Quanta grazia.. si dà come eccedenza di senso,
nel corpo prossimo alla soglia del divino,
nell’amalgamarsi di membrature murarie,
di percorsi tutti ascensionali
che formano un groviglio inestricabile.
Muri pieni di secrezioni, tracce di racconti di vite sperse,
che ristagnano immobili e creative come linfa,
sostanza profonda,
di una carnalità delle cose necessaria ed evidente.
Le sento provenire dalle finestre
richiuse dal vento di terra,
dai luoghi in cui mia madre
soleva riposarsi, stanca della giornata.
Ora, che vivo il profondo, estasiato,
immergermi nella dominanza delle cose,
nella necessità di comprimere l’aspirazione a scalare le vette,
relegato in un tempo e in uno spazio misurabili,
li circoscrivo, a mò di cane,
e cerco attraverso il rilascio di pezzi di me di segnarlo,
delimitarlo.
il mio. il tuo.
Spazio.
Conscio, allo stesso tempo,
che è nello scintillio d’una sorgente di montagna
che si avverte il disegno sotteso, la colleganza,
In quel sentirsi parte della creazione,
e viverla, ricercarvibrando corpi di luce.

…. il nuovo anno che arriva porti una profusione
di doni spirituali a tutti voi..

21 dicembre 2007

E' TEMPO DI NATALE





Son le città ammantate di luminarie ed i negozi addobbati a festa.
Le nostre case si son presto riempite d'alberi pieni di palline colorate,
si intravedono anche presepi..
"io ce l’ho indiano",
"io napoletano",
"e io….. io non ce l’ho….. poco male..
…….anzi, fa niente, vuol dire che quest'anno mi faccio il cellulare nuovo.
.".
La televisione, nostra signora del buon consiglio, lancia sdolcinati messaggi che invitano a comprare… comprare… sempre comprare..
l’aria è frizzante, anche perchè c'è freddo…yuhuuh!!!
ed una prima considerazione va fatta: "sotto le feste ci si vuole tutti più bene, un mondo di bene..!!"
e il cuore si scalda..
Abbiamo anche, pensate, ( è un optional che non hanno tutti)
sotto casa o sul sagrato della nostra chiesa, un poverello, il nostro personale lasciapassare verso la santità, al quale elemosiniamo, perché è Natale e ci si sente più buoni, un po’ del nostro denaro, il tempo, no, è chiedere troppo, quello ci serve per fare compere, Prodighi d'Amore, proviamo tenerezza al vedere la nostra piccola mano piena di superfluo denaro, donare se stessa e toccare, sfiorare appena il cuore dell’altro, un brivido ci corre per la schiena e scrutiamo l’aria alla ricerca di qualcuno che possa condividere con noi un momento così divino, partecipiamo alla creazione dell’uomo, in prima persona, senza infingimenti, comprendiamo la visione Michelangiolesca, quella delle dita che si toccano, la coscienza rinasce… straripa, ebbra di bontà e di sé stessa, fa pendant con il tripudio di colori sfavillanti, con lo sfarzo delle nostre opulenti città.
E’ un fiorire di allegria artefatta, che infervora i cuori, la città sale… morsa dall’estro natalizio.

“l’amore è più esigente, infinitamente più esigente”

E’ TEMPO DI NATALE.

In città uguali, in altri luoghi, al di là delle luminarie, in angoli oscuri della terra, in questo stesso natale ci sono gli ultimi, i dimenticati, gli emarginati, che non hanno luci colorate, non hanno presepi né alberi di natale, non hanno case calde ed accoglienti.
Quelle stesse case in cui tu stai al caldo, riparato dal freddo invernale, con i lucciconi agli occhi per la poesia di natale che tuo figlio ti ha recitato.
Nella città degli ultimi si muore di fame, i bambini, come il tuo, sono malnutriti, derubati della loro infanzia, muoiono, senza che la nostra ipocrita società abbia un ripensamento, in questo tempo di natale, uno scossone che la risvegli dal torpore, in cui è caduta, vittima della folle corsa verso il nulla.
Oggi, come ieri e come sempre è nella miseria più nera,
quella che annienta l’uomo e la sua dignità,
quella che ne deturpa il volto e il corpo,
quella che lo crocifigge,
che nasce Gesù, figlio del Dio degli ultimi, dei diseredati, nelle mangiatoie delle favelas, nelle discariche africane, nelle periferie abbandonate, nei lebbrosari, negli ospedali, là dove l’uomo soffre, là risiede la speranza.
Le aride funzioni liturgiche, aride perché è freddo il cuore delle comunità possono trovare forza dall’entusiasmo carico di speranza dei nostri fratelli abbandonati che adorano per noi l’unico Dio, evocando lo spirito che tutti ci plasma e unisce.
La salvezza del mondo è tutta in chi cammina con Cristo sofferente, nelle sue mani, nelle nostre mani, carissimi,
"dobbiamo farci carico del fratello che soffre".
Noi, figli di un economia predatrice, dobbiamo riscattare il dolore che abbiamo arrecato al mondo con il nostro egoismo.
Solo così, da sepolcri imbiancati, quali siamo, diventeremo autentici figli del padre che ci ha creato, solidalmente uniti alla terra.

E' TEMPO DI NATALE

Col cuore contrito in un mea culpa liberatorio, celebriamo nel segreto, la nostra intima unione con il mistero che tutti ci chiama, che tutti ci abbraccia e rinnoviamo il canto d’amore, fuori dagli schemi, dalle convenzioni, perchè è Gesù il vero Salvatore, colui che libera.
Auguri di un felice e sereno Natale a tutti voi.

18 dicembre 2007

PORTA TERRA


1. LA RETE
Il territorio siciliano possiede una grande concentrazione di bacini archeologici e di beni storico-architettonici che potrebbero formare i nodi di una rete di sinergie con altri poli archeologici (ma anche con poli architettonici, artistici e storici) a scala mediterranea.
Una strategia di offerta culturale ad elevato potere informativo, in cui il singolo sito vada ad amplificarsi per effetto delle esternalità di rete, in grado di rendere condivisibili le informazioni su attività scientifiche, di ricerca, gestione, tutela, valorizzazione e marketing è quello che oggi può scardinare un empasse ormai diventata strutturale per le piccole economie locali.
In un quadro così articolato, uno degli obiettivi del comune di Monforte S. Giorgio dovrebbe essere la costruzione di due livelli di competitività:

su base settoriale riferita agli operatori economici che agiscono nell’ambito delle risorse storiche, archeologiche e culturali;
su base territoriale, invece, riferita al tessuto connettivo di attività collaterali e di servizi specialistici avanzati che qualifichino il territorio.
Ciò, lo si potrà ottenere, adottando una strategia di integrazione tra:
· un quadro strutturato di interventi pubblici in infrastrutture (reti di trasporti e di comunicazione, vedi raccordo autostradale, ) costituenti l’antecedente logico dell’intervento, per la connessione alla rete.
· un sistema di misure di politica economica per il coinvolgimento di investimenti privati nel settore dei beni storico-archeologici e culturali in genere;
· un insieme di iniziative di formazione professionale (aggiornamento del know–how) e di promozione del territorio (agenzie, marketing ,etc.).
In buona sostanza è necessario considerare il territorio nella sua accezione complessa e integrata di ambiente fisico, costruito ed antropico, non più ridotto a spazio astratto oggetto di mero sfruttamento.

2. IL NODO.
In età moderna l’area del Comune di Monforte S. Giorgio ha subito un processo di de-territorializzazione che è da ritenersi strutturale per i paesi medio collinari. Tale processo ha comportato effetti a cascata sul paesaggio, sull’ambiente e sulle relazioni sociali.
Questo fenomeno è alla base dell’annullamento dell’identità dei luoghi (consonantia universalis) operato dalla rottura delle relazioni fra nuove morfologie insediative e locus, attraverso l’omologazione delle tecniche costruttive, dei materiali, delle tipologie edilizie urbane e rurali, dei modelli abitativi e di consumo.
L’interruzione del rapporto sinergico da parte di una cultura dell’insediamento che ha ridotto i luoghi a siti funzionali, ad un ordine artificiale indifferente alla individualità dei luoghi stessi, ha costituito un atto di “interruzione del paesaggio”.

L'abbandono delle tradizioni connesse al paesaggio, ha comportato la rottura di equilibri dovuta alla perdita di sapienza ambientale e all’abbandono, da parte della comunità insediata, della cura dei luoghi, intendendo con tale termine il rispetto che presuppone il riconoscimento delle proprie radici.
Un recupero del tessuto urbano e sociale che non si fermi alla pelle delle cose, come mera operazione di maquillage estetico, per essere veramente aderente alla natura del luoghi dovrà essere concepito in un quadro di ricoscientizzazione ecologica, coinvolgente l'intera comunità.
3. In sintesi i livelli su cui agire, come evidenziato, sono due, il processo è duale, uno esterno ( Connessione alla rete), l'altro interno (Il nodo sottile che lega la comunità ad un luogo), il primo è legato ad una visione panottica data dalle aperture a 360 gradi offerte dalla globalizzazione, dall'innovazione tecnologica ed infrastrutturale, da internet, l'altro, introspettivo, volto a riscoprire i luoghi, con la certezza che è solo nella pienezza di una vera presa di coscienza del patrimonio vivo di tradizioni e saperi che è manifestazione della continuità del legame che ci unisce e ci distingue, che si può concepire un'idea di futuro condivisa.

14 dicembre 2007

IL MUSEO SCARPIANO


1.
Museo di Castelvecchio a Verona.
Carlo Scarpa, un architetto, tra i più raffinati e colti, capace come pochi di controllare il progetto alle varie scale, si confronta con il restauro di un castello trecentesco, variamente risistemato in epoche diverse, che nell’ultimo capitolo di continue modifiche subisce un ripristino con aggiunte “in stile”, siamo negli anni che vanno dal 1924 al 1926, l’intervento è di stampo marcatamente Beltramiano sia nei propositi che nei risultati.
La conoscenza della fabbrica avviene attraverso una serie interminabile di disegni che analizzano a fondo le emergenze e verificano i principi che sottendono alla forma architettonica, come in un teorema, questa ricerca “sapiente” lo porta, a definire il rapporto del castello con la città e, nell’evidenza dell’ipotesi progettuale, a ritessere nuovi rapporti con l’intorno assorbendone le suggestioni e potenziandone le vocazioni.
Nello studio delle murature, Scarpa vive le stratificazioni storiche come tradimento dei principi architettonici originari della fabbrica.
Egli è alla ricerca della purezza, non assoluta, sempre ridondante, rarefatta, della purezza contaminata dal verbo, dal lessico dell’architetto che si diverte a compitare forme nello spazio, che fa parlare i materiali nella loro apparente afasia, li fa parlare con il linguaggio dei luoghi .
L’inventio progettuale offre l’unica possibilità di riscatto alla storia, essa è data dall’attualizzazione del senso e del significato dei rapporti spaziali giunti a noi dal passato.
All’originarietà involuta e tutta presunta dello scrape murario , attuato in barba a qualsiasi codice del buon restauro, che riporta i muri alla loro nudità primigenia e riscopre miticamente le antiche pietre, Scarpa contrappone l’uso:
delle lastre di Prun come rivestimento,
del cemento,
della calce,
dell’acciaio
e dello stucco colorato
allo scopo di ridefinire l’alfa e l’omega di Castelvecchio.
Per un architetto attento alla forma che si sostanzia attraverso la ricerca materica, il riportare le "forme belle" alla loro originaria impurità, è fornire all’immaginario collettivo l’occasione per un esaltazione della visione-tattile e significa anche andare a ridefinire la cifra dei nuovi rapporti spaziali scaturenti dalla nuova funzionalizzazione museale.
Il restauro è creativo, perche liberamente sceglie dal repertorio ipostatizzato della storia, ciò che è da salvare, imponendo la legge della contemporaneità, perché alla fine ciò che deve prevalere è la necessità di ripartire di nuovo, sempre, dall’inizio.
In my beginning is my end.
Il museo con le sue trovate scenografiche, le sue raffinate spazialità ha perduto la sua identità di Castello, non a caso lo chiamiamo Museo.
IL con/testo vive così di una rinnovata vitalità grazie alla regia sapiente di Scarpa che disvela i volumi, recuperando un "imago urbis Venexiana", che media tra le spazialità aperte del campo e le contrazioni violente delle calli (strettoie), ri-create a bella posta per rendere risonanti i luoghi, intendendo così rigenerare un brano di Città.
L'architetto è creatore di scenografie esaltanti.
La sua lettura è unificante, il suo linguaggio diventa codice, cifra del tutto.
L'architetto è attento al ricco colloquiare delle cose del passato, e ne trattiene il flusso, rapprendendolo in braci di cura , rinnovando attraverso i segni del suo passaggio la sintassi delle cose, riportando nel libro di bordo della storia, nuove prospettive di crescita sociale, non lasciando il luogo uguale a se stesso, modificandone la struttura, la pelle, le trame, i contorni.
L'architetto è conservatore, quando nel suo rifiuto di qualsiasi falsificazione della storia accetta di intervenire con l’autorità del suo essere sempre creatore di spazi, e con l’originalità derivante dalla sua sensibilità artistica, sovrappone alle storie precise già dettagliate, il suo contributo altrettanto definito, preciso e dettagliato, alla ricerca di affinità elettive, che arrichiscano e non confondano il presente col passato.

12 dicembre 2007

HUMUS


Fino all'avvento dell'industrialismo e della mentalità tecnomorfa -che cioè ricalca il mondo della tecnica- la vita umana era permeata di senso del sacro. I razionalisti discriminano il sacro quale via di fuga approntata dall'umanità ingenua per spiegare ciò che un tempo era inspiegabile: la potenza delle forze naturali. Ci raccontano cioè, che l'umanità era ignorante e superstiziosa fino all’arrivo di Bacone, Galilei e Cartesio portatori della "illuminazione" e della "misurabilità" del vivente. Non meno riduttiva è la spiegazione del sacro come "proiezione" della necessità di amalgama sociale. Perlomeno, riconoscendo almeno la funzionalità del sacro, si dimostra come sia impossibile liquidare le manifestazioni delle antiche culture dell'umanità come semplici "infantilismi storici". In realtà, la dimensione sacra è quella che, riconoscendo in tutte le manifestazioni della vita un'intima coerenza complessiva (l'armonia aristotelica della potenza in atto: entelechia), costituisce l'humus vitale per ogni popolo, assicura il rispetto dell'equilibrio ecologico e, di conseguenza, la sopravvivenza della specie in quanto parte della natura tutta. Questo significa che, ai nostri occhi, la dimensione sacra è la dimensione reale della vita e che la sua progressiva estirpazione, definibile weberianamente come disincanto, costituisce una secca sconfitta per l'intelligenza umana.

10 dicembre 2007

IBRIDAZIONI


Il territorio di Monforte sarà oggetto di un intervento infrastrutturale importante per la ridefinizione del suo paesaggio, la nuova bretella di raccordo autostradale.
Essa costituirà, ampliando lo sguardo, non un semplice collegamento isotropo, legato alle logiche settoriali e ai modelli riduttivi dell’ingegneria trasportistica, ma un occasione di riqualificazione per il territorio, perseguito che si sia un approccio multidisciplinare, inclusivo che ridefinisca i rapporti tra le diverse matrici del paesaggio.
Necessita un uso strumentale dell’infrastruttura come agente per immaginare nuovi paesaggi contemporanei, senza con ciò assolutizzarne il ruolo, ma cercando di volgere lo sguardo alle possibili relazioni tra le cose che servano a ridefinire le aree interstiziali, di bordo, per una ricomposizione del paesaggio in chiave cinetico energetica.
L’ibridazione degli ambiti territoriali, per effetto di una macro presenza infrastrutturale, genererà un grumo di senso, su cui depositare per attrazione i fatti che la storia ha deposto nei luoghi.
Porre, così, l’attenzione sul funzionamento di un raccordo autostradale vuol dire descrivere i tratti di paesaggio collinare in cui ambiti di interesse storico paesaggistico, con aree protette ma non museificate e boschi entrano in connessione con la mobilità di lungo percorso individuando la frequenza delle intersezioni con la rete dei collegamenti collinari, il ritmo che innerva il territorio collegando all’asse costiero le emergenze naturalistiche, storico – archeologiche, etc… (continua)

08 dicembre 2007

DI TERRA E DI MARE


Lo sfondamento dell’orizzonte prodotto dal mare impedisce che ogni sapere si fermi in un pensiero definitivo.
L’uomo mediterraneo vive da sempre tra terra e mare e limita l’una tramite l’altro.
La premessa di qualsiasi apertura a 360 gradi, debitrice di suggestioni panthalassiche, è nella consapevolezza dell’inconoscibilità di un luogo, del suo sottrarsi a noi e alla nostra esperienza quando non siamo capaci neanche di immaginare che il nostro essere lì possa costituire un oltraggio.
L’attuale deculturazione, frutto di rigidità epistemiche, non è un destino ad essa si può reagire con uno sforzo creativo capace di innestare in modo originale la storia di un paese nella modernità, di scoprire un uso nuovo di tradizioni antiche.
Occorre per far ciò un lungo processo di trasformazione culturale,
occorre che venga frenata la deriva riduzionista dell’identità culturale dell’occidente all’imperativo dell’espansione illimitata, che la resistenza alla mercificazione e alla tecnicizzazione di tutti gli ambiti di vita non sembri più frutto della malinconia di signori superati dai tempi (vedi post l’eccellenza negata).
Che cosa è più complesso di una buona riflessione? Essa è sempre doppia. E' fatta di terra e di mare.
Bisogna ritornare a porsi davanti all’infinità marina che apre tutte le possibilità, essere erratici, aperti al cambiamento perché mutevoli, cangianti come le maree, dare libero corso al pensiero..
ce lo insegna la grecia, cui è necessario ritornare.
La grecia che è l’ombra e la luce.

07 dicembre 2007

ESSERE


Mi ritrovo
“Negli alberi, nel vento, nell’acqua perenne,
nella terra, nella luce, nella roccia inflessibile”

06 dicembre 2007

RICOSTRUIRE LA COMUNITA'


La perdita della qualità urbana è legata alla meccanica individualistica di consumo della città, alla scomparsa di patterns unificanti, di culture edilizie omogenee, di linguaggi architettonici ed urbanistici condivisi.
Ognuno fa per sè, anche le opere che dovrebbero tangibilmente lasciare un segno, lo lasciano in negativo, sono come navicelle aerospaziali calate dall'alto a fare terra bruciata, prive di attenzione ai rapporti spaziali consolidati, alla morfologia del paesaggio urbano.
La perdita della qualità dei luoghi è legata all'ineluttabile deperimento delle comunità insediate.
Le popolazioni urbane non generano, neppure in modo mediato i luoghi che li ospitano. In ogni singola parte di città insiste un fascio di vite differenti che non si integrano tra di loro, ma sono semplicemente schiacciate le une sulle altre nello spazio funzionale.
E' lo zooning che ha condizionato l'esistenza delle città, gli urbanisti hanno introiettato la mentalità della massaia che disfa e sistema le cose negli scaffali, per loro la città è solo la griglia di riferimento, il contenitore semivuoto da riempire.
Il chiacchiericcio estivo delle comari, il vento primaverile che sfiora le case e risveglia la terra, la vita che scorre incessante.... sono e restano fatti residuali, ciò che conta è determinare, nominare, programmare, delimitare, secare le continuità, separare, ridurre.. ridurre....dall'alto.
Così gli abitanti della città non condividono più un codice spaziale unitario, non possiedono più una comune sensibilità spaziale, uno stesso linguaggio.
Sono irrelati.
I nuovi quartieri arrivano nei territori con una grammatica standardizzata, fin dall’inizio indifferente ai luoghi esistenti: indifferente sia alla organizzazione fisica dei luoghi , sia ai gruppi umani esistenti.
I vecchi tessuti sopravvivono come configurazioni spaziali morte, nelle quali non dimorano più comunità organiche e solidali: la loro bellezza rimane come puramente museale, quando rimane , quando non viene deturpata da innesti a dir poco nefasti, essa resta semplicemente fisica, per il ricordo di un legame originario tra spazio e comunità ormai spezzato.
Le impercettibili fioriture di spirito comunitario raccolte nelle mie innumerevoli peregrinazioni alla ricerca di anima, non dimostrano in questo senso un inversione di tendenza.
La mancanza di qualità urbana deriva purtroppo dalla sparizione del soggetto, una sparizione che viene da lontano e di cui in questo sito si è già più volte parlato.
Un inversione di questo processo è necessaria, ed è possibile solo nella dimensione puntuale di rapporto tra spazio e società: qui è possibile ricostituire un rapporto tra potere di chi abita e costruzione - ricostruzione della città.
La qualità dello spazio è necessariamente legata alla presenza attiva di un soggetto collettivo, alla ricostruzione all’interno del gruppo umano insediato di “qualcosa di anteriormente condiviso” , alla resistenza o al rinnovo di codici topologici, di regole locali, di linguaggi costruttivi collettivamente elaborati e rispettati.

05 dicembre 2007

L'ECCELLENZA NEGATA


Il punto da cui partire per pensare la differenza europea non può essere l’idea ellenica di eccellenza: questo ideale dell’essere umano è stato assimilato e sviluppato dalle grandi correnti della cultura europea, dalla scolastica medievale al Rinascimento, dall’Illuminismo al Romanticismo, dal Positivismo al Modernismo, ma esso ha ormai lasciato il nostro continente e trova nei nuovi continenti il suo Humus, il terreno propizio per la sua crescita. Con ciò naturalmente non voglio dire che in Europa non ci siano uomini e donne eccellenti: penso che non esistano più in Europa le condizioni sociali, politiche e culturali favorevoli al loro riconoscimento. Appena si manifesta una superiorità, tutto cospira per annientarla, attraverso la congiura del silenzio o la pratica della ridicolizzazione, attraverso la diffamazione o la dittatura dei sondaggi di opinione, attraverso il disprezzo della qualità o l’asserzione dell’universale ignominia. Il tiro al piccione del migliore comincia con la distruzione sistematica delle istituzioni dell’istruzione scolastica media e superiore, accuratamente perseguita nella maggior parte degli stati europei e culmina con la denigrazione personale dei grandi pensatori europei del XIX e del XX secolo e con la liquidazione della loro eredità teorica.
Nei confronti dell’eccellenza viene perciò perseguita una vera e propria strategia terroristica che induce chi mira all’”arduum et difficile” a vergognarsi delle proprie aspirazioni e a nascondersi dietro l’ultima idiozia sostenuta dalle ricerche di mercato. In Europa non c’è più posto per Faust (e nemmeno per don Juan)! La condanna dell’ammirazione, che Descartes considerava come la passione più forte, segna la fine di una civiltà che per millenni ha fatto del riconoscimento sociale dell’eccellenza una delle proprie basi.
Il furore contro l’eccellenza è in stretto rapporto con la malinconia europea, con quello stato profondo di avvilimento e tristezza che caratterizza la tonalità emotiva dell’Europa attuale. Come è noto, l’analisi più penetrante della malinconia è quella data da Freud. A suo avviso, la malinconia è caratterizzata da un profondo scoramento accompagnato dalla perdita della capacità di amare e da un avvilimento del sentimento del sé che si esprime in autorimproveri e in un radicato senso di colpa. Per Freud, la sindrome malinconica è in stretto rapporto col lutto, il quale consisterebbe nel lavoro psichico svolto al fine di ritirare la libido da una persona o da un oggetto amato, che è venuto meno, e nel trovare un sostituto. Se il lavoro del lutto non ha luogo, si installa la sindrome malinconica nella quale un enorme impoverimento dell’io si accompagna ad un atteggiamento di accusa nei confronti degli altri.
Questa analisi della malinconia fornisce una chiave per comprendere il nichilismo europeo, il quale non sarebbe altro che una reazione malinconica al tramonto di quei “valori” metafisici che hanno sostenuto ed appoggiato l’ascesa degli europei e delle europee a padroni del mondo.

02 dicembre 2007

FIGURA E SFONDO


Quando si traccia una figura, o “spazio positivo”, all’interno di una cornice, ne segue inevitabilmente che è stata tracciata anche la sua forma complementare, detta anche sfondo o spazio negativo.
Una figura si dirà tracciabile corsivamente se il suo sfondo è semplicemente il risultato accidentale del gesto grafico.
Una figura si dirà ricorsiva se il suo sfondo può essere visto, a sua volta, come una figura a se stante.
Un errore molto frequente è attribuire il significato all’oggetto (la parola, l'architettura), anziché al legame tra oggetto e mondo reale.
E' per questo che bisogna radicarsi ai luoghi, riscoprirne il senso ed integrare la parola, il gesto, l’architettura al con/testo.