21 marzo 2008

IL GIARDINO DEGLI ULIVI.

Riflettiamo sul mistero Pasquale attraverso una delle pagine più alte della letteratura Cristiana di tutti i tempi. Una Santa e Buona Pasqua a tutti.
E’ il tempo della prova. Gesù attende…

......38. Tristis usque ad mortem. Et progressus pusillum, procidit in faciem suam, orans, et dicens: pater mi, si possibile est, transeat a me calix iste, verumtamen non sicut ego volo, sed sicut tu.
Se non si fosse abbrutiti, figlio mio, se voi non foste abbrutiti, anchilosati da generazioni intere di catechismo, d’abitudine catechistica, figlio mio, chi non sarebbe colpito, chi non sarebbe spaventato da queste righe, da queste poche righe atroci, da queste parole terrificanti, da questa terrificante preghiera. Quando ci si pensa. Così tutto era preparato, deciso fin dai secoli e dai secoli dei secoli; fin dai secoli temporali e fin da tutti i secoli e i secoli temporali; fin dai secoli eterni e tutti i secoli e i secoli eterni; fin dall’eternità tutto era deciso; tutto il sistema, tutto questo aggiustamento, il vostro aggiustamento cristiano; fin dalla caduta, da tutta l’eternità ma specialmente, temporalmente fin dalla caduta la redenzione era pronta, la redenzione era decisa. Ed ecco. Tutto il cristianesimo era pronto, tutto il cristianesimo era deciso. Ed ecco. Tutto questo aveva anche ricevuto un inizio di esecuzione. Lui stesso aveva messo in moto il tragico apparato. Temporalmente, eternamente, tutto era pronto, tutto aveva cominciato a muoversi. L’incarnazione, preparativo necessario, antecedenza, precorritrice, foriera di un miracolo infinito, l’incarnazione, miracolo anteriore, miracolo preliminare, l’incarnazione aveva avuto luogo. Trenta e qualche altro anno prima, in quel piccolo borgo di Giudea, trenta e diversi anni (temporali) prima, trenta e diversi anni carnali, in quel piccolo borgo l’incarnazione aveva avuto luogo; il mistero dell’incarnazione, preparando, annunciando, implicando già il mistero supremo, preparando, annunciando, implicando il mistero della redenzione, entrando di già in quel mistero supremo, comportandolo di già, componendolo, entrando nella sua composizione. Essendo già dentro all’inizio. Tutto era pronto. La vita di famiglia, trent’anni, aveva avuto luogo. La vita pubblica, tre anni, aveva avuto luogo. La vita di casa, il banco di lavoro e la morsa, la sega e la pialla, era finito, questo era stato fatto. La vita di popolo, la montagna e la pianura, e il lago di Tiberiade, la predicazione e le similitudini, la curva delle parabole, lungo le strade, era finita; questo era stato fatto. Tutto era pronto. Il coronamento stava per cominciare. Il coronamento stava per aver luogo. Tutto era pronto. Tutte le virtù private e pubbliche, tutte le virtù eroiche dei trenta e tre anni stavano per culminare nel sacrificio supremo. L’apparato supremo, l’apparato della giustificazione del mondo era pronto, l’apparato della salvazione del mondo. I secoli temporali ed i secoli eterni attendevano. Lui stesso aveva messo in moto una volta l’inizio dell’apparato, una volta nel tempo, l’incarnazione, la vita privata, la vita pubblica. Tutti i consumi erano impegnati, i consumi temporali, i consumi eterni. Il più grande consumo: la caduta. Tutto era pronto. Non c’era quasi più che da lasciar fare, da lasciar andare; da lasciarsi andare, sembra; non c’era più che da operare lo sblocco finale, un nulla; e questo sblocco stesso per così dire non chiedeva che d’operarsi da solo. Anche lui non chiedeva, sembrava non chiedere che di lasciarsi andare. Non c’era più che da sbloccare il coronamento dell’opera, dell’operazione; da effettuare quindi il coronamento dello sblocco. Tutto era pronto. Tutti i personaggi erano saliti sulla scena per recitare il dramma che non si recitò che una volta. Dopo anni di intrighi, anni temporali ( i medesimi anni temporali), di questi intrighi abituali ai funzionari, figlio mio (romani, romani, capite) (ed era sotto l’Impero), Pontius Pilatus era stato nominato giustamente procuratore di Giudea. Aveva ottenuto quella guarnigione abbastanza bella, quella prefettura di seconda classe. La procura, il procuratorato d Giudea. Quel buon posto (di funzionario), quella buona posizione. Si fa tanta fatica ad avere un posto. Degli intrighi non meno sapienti tirati forse da più lontano (degli intrighi temporali) avevano fatto sì che il centurione fosse diventato centurione e che il decurione stesso fosse diventato decurione. Si fa tanta fatica anche a diventare decurione. E Caifa gran sacerdote, principe dei sacerdoti, e i senatori, e gli scribi, e i principali sacrificatori. Durante anni e anni l’albero della croce, pazienza vegetale, senza miracolo aveva preparato la durezza del suo legno. Un altro boscaiolo aveva abbattuto l’albero, senza miracolo, senza alcun miracolo, sgrossato il tronco, tagliato i rami maggiori, scortecciato; Un’altra ascia c’era passata; con un’altra ascia un altro boscaiolo aveva scorticato, sbucciato, staccato la scorza. Senza miracolo, con un lavoro di mestiere, con un lavoro normale professionale, con un esercizio del mestiere, regolare, con un lavoro naturale d’uomo. Un altro carpentiere aveva lavorato il legno. In qualche palude del Giordano la canna era spuntata, la canna unica. Il giglio dei campi non lavora. La canna delle paludi, la canna delle acque dormienti non lavora neppure lei. Non lavora con le sue mani. Ma con tutto il suo corpo, senza alcun miracolo, con tutto il suo corpo carnale, con un lavoro molecolare infaticabile, con un lavoro organico perituro infaticabile giorno e notte aveva lavorato. Aveva lavorato a crescere. Il giglio dei campi non fila. Il giglio dei campi non fila e non tesse. E gli uccelli del cielo non lavorano. Ma molecolarmente, organicamente, appena segretamente, essi lavorano a crescere e a decrescere, a nascere e a morire, a diventare, come ogni essere, a nutrirsi e a deperire; e senza alcun miracolo, molecolarmente, organicamente, per nulla segretamente, seguendo la legge comune, compiendo il lavoro del proprio mestiere, da professionista, seguendo la legge naturale una canna del Giordano era spuntata, la canna unica era stata formata, aveva fatto crescere il suo fusto, il fusto unico, quello che non doveva servire che una volta, il fusto che doveva flagellare la faccia di Dio; e una spina, senza miracolo una santa spina era spuntata in qualche macchia della Giudea, in qualche macchia ebrea. Una spina nera, una spina purpurea, forse un semplice rovo, una grossa spina di quei paesi. Tutti erano chiamati a servizio; gli uomini erano chiamati in servizio; gli attrezzi eterni erano pronti, gli strumenti della salvazione del mondo; res atque nomine, res haud aliter atque nomine, le cose, le cose non meno degli uomini, quanto agli uomini, parimenti agli uomini, le cose erano chiamate a servizio. L’avvenimento era chiamato in servizio. Tutto il mondo era al suo posto. Tutto il mondo aveva dei posti e delle situazioni; solo lui avrebbe dunque avuto il posto della vittima, il posto dell’ostia, lui solo avrebbe avuto dunque il posto del morto, di colui che muore, di colui che subisce la morte temporale. Tutta la creazione, tutto il mondo era chiamato in servizio. Tutto il mondo aveva i posti buoni, era ben situato. Lui solo avrebbe avuto dunque il brutto posto. Giuda era pronto e il bacio saliva alle labbra di Giuda. Il bacio che attendeva dai secoli dei secoli. Il bacio che nei secoli dei secoli in seguito si ripercuoterà eternamente. Il bacio annunciato, il bacio che si ripercuote da tutta l’eternità. Precisamente il centurione, che era l’aiutante, era tornato al quartiere dopo il rapporto. E aveva detto: E’ seccante. E’ giunto per questa sera un ordine dal posto di comando. Diceva: E’ seccante, perché l’ordine era per quella sera, e lui aveva per amante una piccola ebrea di Galaad. E lui stesso era venuto dai confini della Gallia, gallia omnis, per essere precisamente quell’aiutante, affinchè tutti i popoli fossero chiamati. Ed era venuto al quartiere dopo la zuppa. E aveva detto: E’ seccante. E’ giunto per questa sera un ordine dal posto di comando. Ma era un bravo Gallo, dei confini della Gallia belga, un Fiammingo. Era la sua settimana di turno. E quella settimana era fissata nel susseguirsi dei tempi. Aveva detto al decurione: E’ seccante. Non si è mai tranquilli. E’ giunto per questa sera un ordine dal posto di comando. Quando avrete finito i vostri cinque anni ( perché il servizio era più lungo di oggi) non vi riarruolate mai. Era lui stesso un ufficiale riarruolato, e dissuadeva naturalmente dal riarruolarsi i compagni che aveva; i candidati di grado inferiore. Non era mai contento. Ma era un Fiammingo grasso. Ah no, non si era riarruolato per questo, quello lì. Per arrestare Gesù. Era riservato a questo onore, figlio mio, che non si era mai visto, che non si è mai visto poi in nessun grado, a questo onore che non si è mai rivisto nell’esercito, in nessun esercito, questo onore che non si è mai rivisto nell’armata, in nessuna armata: di arrestare Gesù; pensateci, fin da quando si arresta, da quando i governi arrestano, da quando si fanno degli arresti: eseguire l’arresto di Gesù, dare l’inizio, mettere la mano sulla spalla di Gesù. Ecco cosa doveva fare, quest’uomo, quello che non è mai stato dato a dei graduati di un grado infinitamente più alto. Ma non lo sapeva. E allora si lamentava di essersi riarruolato. – un ordine di chi.- Un ordine del posto di comando. E’ venuto attraverso gli uffici del procuratore. Partiremo all’ora nona. Riunirai i tuoi alle nove meno un quarto. Tu verrai con me. Gli uomini avranno le spade. Tenuta di servizio numero uno. Porterete tre lanterne di corno. E’ per una ronda da fare al giardino degli Ulivi. Prenderai i dieci uomini della tua squadra. Toccherà a voi marciare. Prenderai anche i cinque uomini della sinistra della seconda squadra. Ma non prenderai Libanius (l’altro decurione), Saremo abbastanza graduati così. E il centurione se n’era andato. Poi era tornato, tornato sui suoi passi: Ah, prenderai anche Malco. E’ un “cammello”, una carogna. Camellus quis. Ancora ieri ha evitato la corvèe di quartiere. E in una camerata in basso, appoggiata al terzo affardellamento, la lancia, la lancia per il Fianco, aspettava.
Tutto era pronto, lui solo, lui solo non lo era. Tutta la creazione era convocata, era stata convocata. L’appello era fatto; non soltanto l’appello di quella prima decuria, e della sinistra di quella seconda, e di Malco: l’appello della creazione intera. Il centurione, il Fiammingo aveva detto: ci sarà un borghese, uno scrivano della polizia, che guiderà la pattuglia. La creazione era pronta; la creazione temporale attendeva. Anche lui, lui stesso attendeva. Venti secoli, quaranta secoli prima, venti secoli, quaranta secoli anteriori, quaranta secoli temporali, cinquanta secoli prima attendevano prima, come sospesi in avanti. E lui era la chiave di volta. Venti secoli, quaranta secoli, cinquanta secoli ulteriori, un numero incalcolabile di secoli, dei secoli dei secoli, dopo attendevano dopo. Fino al giudizio, fino al giorno del giudizio. E il giudizio, che sarebbe, che sarebbe, se il Giusto non fosse morto per la salvezza del mondo. (..).
tratto da Getsemani di C. Pèguy.

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