26 ottobre 2012

Panthalassa




Lo sfondamento dell’orizzonte prodotto dal mare
impedisce che ogni sapere
si fermi in un pensiero definitivo.

L’uomo mediterraneo vive da sempre tra terra e mare
e limita l’una tramite l’altro.

La premessa di qualsiasi apertura a 360 gradi,
debitrice di suggestioni panthalassiche,
è nella consapevolezza dell’inconoscibilità di un luogo,
del suo sottrarsi a noi
e alla nostra esperienza
quando non siamo capaci
neanche di immaginare che il nostro essere lì -
possa costituire un oltraggio,
una profanazione.

L’attuale deculturazione,
frutto di rigidità epistemiche,
alimentate dall'odierna deriva sistemica,
non è un destino..
ad essa si può reagire -
con uno sforzo creativo
capace di innestare
in modo originale
la storia di un paese nella modernità,
di scoprire un uso nuovo di tradizioni antiche.

Occorre,
per far ciò,
un lungo processo di trasformazione culturale,
occorre che venga frenata la deriva riduzionista
dell’identità culturale dell’occidente
all’imperativo dell’espansione illimitata,
che la resistenza
alla mercificazione
e alla tecnicizzazione
di tutti gli ambiti di vita
non sembri più frutto
della malinconia (spleen)
di signori (schizzinosi, questa volta sì)
superati dai tempi.

Che cosa è più complesso di una buona riflessione?
Essa, qui, è sempre doppia.
E' fatta di terra e di mare.
Bisogna ritornare a porsi davanti all’infinità marina
che apre tutte le possibilità,
essere erratici,
aperti al cambiamento perché mutevoli,
cangianti come le maree,
dare libero corso al pensiero..
ce lo insegna la Grecia,
cui è necessario ritornare.
La Grecia che è l’ombra e la luce....

Questo post è in parte debitore del pensiero del sociologo Franco Cassano,
di cui sono fondamentali due testi:"Il pensiero meridiano" ed "Homo civicus"
entrambi editi da Laterza.

24 ottobre 2012

Appunti su Piccola e Grande Politica


La politica, quale arte di governo, si trova di fronte ad un alternativa: limitarsi, più o meno consapevolmente, ad amministrare le cose, lasciandole così come vengono trovate; oppure impegnarsi in un percorso di trasformazione dell’esistente, di innovazione civile oltreché istituzionale, di modernizzazione nelle strutture e nella mentalità. L’impegno per il cambiamento, spesso sbandierato, finora è stato una mera affermazione rituale e retorica perché ha sottovalutato la forza della resistenza inerziale, passiva, e l’attitudine conservatrice che non si esprime attraverso l’esplicita e dichiarata opposizione ma tramite i mille rivoli delle complicazioni burocratiche, delle tentazioni puntualmente compromissorie, della lenta azione erosiva con la quale un atavico scetticismo corrode la volontà di innovare.

Su questa sponda naufraga la piccola politica.

Grande politica è invece quella che, mettendo in preventivo gli ostacoli, schiera in campo energie ulteriori, dotandosi della capacità di sferzare il senso comune verso la percezione che le riforme innovative sono a portata di mano.
Qui si deve incrociare la precisione dell’intervento con la profondità di una visione di ampia portata e di lunga durata: il Progetto, la vocazione ad amministrare “per progetti” consiste nella instancabile azione di raccordo tra rapidità nel decidere ogni singolo problema e l’abilità a mantenere la visione dell’insieme, mettere e mantenere tutto in movimento.

Allora il programma di governo viene efficacemente calato nella produzione legislativa e la politica si incarna nel dinamismo delle norme:
la percezione del cambiamento diventa fatto quotidiano nella vita dei cittadini.

E l’azione di governo lascia un segno duraturo nella storia delle nostre città.

La cornice di un progetto dunque rappresenta un elemento fondamentale entro il quale muoversi, servendosene come una bussola nell’affrontare le difficoltà delle questioni settoriali.

“ Temo di più l’impotenza che non il potere della politica (Mario Tronti);

l’obiettivo polemico non è la politica che si fa potere ma un potere sempre meno politico.
Il governo è sempre più amministrazione delle cose della casa e meno capacità di dirigere i processi sociali.
La politica non cambia più le vite: la gestione politica del potere non è più un obiettivo.

La rottura tra la politica ed il potere: questo apre la strada ad una ricerca comune di un linguaggio altro della politica. Allora la cultura, come “eros di coloro che creano”, deve inventare nuove parole e nuove immagini.

In questa prospettiva di mobilitazione civile la cultura gioca un ruolo decisivo, a patto che venga sottratta alla sterilità accademica, alla contemplazione di se stessa, alle ricadute nel pessimismo che avvelenano e screditano la produzione intellettuale.

L’immaginazione culturale ritrova un ruolo solo se è in grado di sedurre all’azione, contrastare la rassegnazione e il naturale logorio dell’abitudinarietà, dimostrare con assoluto e splendente rigore che l’orizzonte del cambiamento è possibile, qui ed ora. Non è ammesso nessun sogno impotentemente idealistico, nessun rimpianto, nessun rinvio a chissà quale domani.
Cultura come com-prensione, presa sulle cose: immagine tutta politica, polemica, efficace.

L’azione politico amministrativa trova un ruolo solo se ha l’ambizione di modificare la realtà sociale, di velocizzare la modernizzazione a ritmo sostenuto, di eccedere un ruolo tecnico proprio portando anche la tecnica a supportare la realizzazione dei grandi progetti.

Non è ammessa nessuna contiguità con i modelli amministrativi precedenti (devono cambiare persino i nomi dei ministeri e degli assessorati), nessuna litania depolarizzante sulla pretesa neutralità dell’azione di governo, nessun dubbio rinunciatario circa la capacità dei cittadini di condividere e sostenere le grandi aspettative quando, al contrario, la passione politica è ancora così diffusa da rappresentare il tratto distintivo più rilevante del laboratorio politico italiano.

Dice James Hillman: “ L’inclusione di ciò che è “eccessivo e anormale” intessendolo nel quotidiano: è questa l’arte della coscienza politica”.

Dunque l’accento insiste sulla tessitura: non nel ruolo costitutivamente disperato dell’intellettuale che testimonia, con didascalica acidità, a favore di nobili e imprecisabili valori traditi dalla classe dirigente ma attitudine, maturata nel rigore appassionato, a stare nella politica indicandovi con linguaggio ad essa consonante i significati ulteriori e insoliti già presenti in ciò che sembra abituale e scontato.
Indicare i varchi puntualmente, sconnettendo e riconnettendo un filo dopo l’altro, anziché proclamare con un unico gesto retorico la pretesa insufficienza del reale.

Dice Hannah Arendt: ”questa mancanza di chiarezza concettuale e di precisione rispetto alla realtà e alle esperienze esistenti è stata da allora il peggior male della storia occidentale fin da quando, sulla scia dell’età Periclea, gli uomini d’azione si separarono dagli uomini di pensiero e il pensiero cominciò a emanciparsi completamente dalla realtà, specialmente dalla realtà e dall’esperienza dei fatti politici. La grande speranza dell’età moderna è stata fin dall’inizio che questa frattura si potesse sanare…”

Dice Ezra Pound: ”Un buon governo è quello che opera tenendo conto di tutto ciò che di meglio è pensato e conosciuto. E il miglior governo è quello che traduce il più rapidamente possibile il miglior pensiero in azione”.

Nella società italiana, in movimento, c’è molto di nuovo e di interessante: si tratta di dare rappresentanza ed espressione a questo nuovo.

23 ottobre 2012

Pharmakon



L’attacco contro la politica è un attacco alla complessità del reale, in nome della restaurazione di un ordine lineare, fondato sul principio della delimitazione dei campi del sapere e dell’esperienza. Va allora riattivata la comunicazione tra etica ed estetica, tra pensiero e prassi espressiva, va rianimato il campo dell’immaginario.
La veicolazione a tutto campo di uno stile estetico che accolga la “devianza” è il prodotto di una forte intenzionalità progettuale, che mira non a medicare, per via razionale, la complessità del reale , ma cerca di esperire, per via estetica, la complessità dei significati e a raccontarne, per via poetica e immaginativa, l’intreccio.
L’estetica del Rinascimento parlava di complicatio, piuttosto che di explanatio o simplificatio.
Nel momento in cui riusciamo a rendere complesse le cose in modo giusto, allora cominciamo a costringere l’immaginazione a lavorare.
La semplificazione arresta l’immaginazione.
L’inclusione di ciò che è eccessivo e anormale intessuto nel quotidiano: è questa l’arte della coscienza politica.
Questo tipo di tessitura non è lo stesso di fare trapunte, inchiodare assi, cucire pezzi di cuoio, rammendare buchi. Non è rattoppo. Non è bricolage, attività casuale, senza un interna necessità.
Il compito degli intellettuali, a questo punto e’ segnato.
Riaccordare l’ordine logico-discorsivo all’ordine imaginale.
Accettare come fecondo il moto di oscillazione tra Apollo e Dioniso.
La sutura può avvenire nella riabilitazione dello statuto dell’immagine,
che è creatrice, segno della ferita originaria.
L’immagine ferisce ma anche salva, è pharmakon dell’immaginario.
Nella configurazione dei segni, nelle impronte incise sull’immaginario dall’opera d’arte, è possibile intravedere un’aoristica armonizzazione dell’impulso al delirio con l’istanza di norma.
E’ proprio in questo accordo, che avviene sotto lo sguardo lucido di Atena, sta la valenza politica di ogni progetto di polarizzazione del campo.
Scrive giustamente Pietro Barcellona “ ..la politica trasforma lo scarto, ne modifica i termini e lo approfondisce, crea la misura e apre lo spazio per la dismisura, conserva la società e la modifica radicalmente”, in questo senso entrano in gioco l’impegno, la libertà, la volontà. “ la volontà nasce dall’ingravidamento dell’immaginazione con la libertà. Appena la volontà si apre alla magia del desiderio, essa incontra la libertà di lasciarsene pervadere, o di spaziare in essa. La volontà fin qui indeterminata è magicamente ingravidata e dà luogo alla volontà determinata..”
….e ciò ha del meraviglioso.

17 ottobre 2012

LA VITA BUONA



Uno dei problemi più acuti dell'oggi 
è costituito dalle difficili condizioni del convenire, 
nell'assenza di una genuina etica della comunicazione.
Nella dissolvenza di tale etica, 
diventa un impresa disperata ogni comune progettazione 
della forma del vivere bene in comunione. 
Senza un riferimento forte al "bene comune" 
la politica rischia di degradarsi a lotta di tutti contro tutti, 
di tramutarsi in pura sopraffazione.
Occorre cercare di riannodare i fili
di una purificazione rigenerante della politica sul terreno dell'etica, 
combattendo strenuamente
l'eclissi contemporanea del senso della verità.

Si può dire e fare tutto e il contrario di tutto, impunemente...

La vita buona in comune, 
nell'ambito di istituzioni giuste,
non costituisce un lusso 
ma una componente necessaria di essa.
Se noi non volessimo, 
come d'altronde facciamo correntemente, 
prender parte ad alcuna decisione politica, 
già avremmo preso la decisione più nevralgica: 
cioè quella di lasciare ogni guida ed orientamento 
nelle mani delle minoranze governanti al presente,
lasciandoci sospingere e condurre innanzi.
Solo questo ragionamento può consentirci
di riscoprire la necessità 
e la verità della politica, 
come dell'etica: 
mostrare l'interna aporia di coloro che, 
respingendo a parole ogni impegno, 
ed io sono uno di questi, 
assumono di subire
una politica ed un'etica 
della peggior specie: 
quelle della passività e dell'acquiescenza.

15 ottobre 2012

Hetairia



Cos’è rimasto della politica?
Cos’è che ci tiene insieme?
Un residuo fantasmatico e virtuale, completamente privo di senso e che rende ridicole le rispettive posture e inconsistenti i brandelli di relazione pubblica.
La crisi è profonda perché purtroppo la corruzione non è quella che ingrassa i patrimoni di pochi o di molti: come una vera ruggine l’agente corrosivo ha intaccato indifferenziatamente la consistenza strutturale della politica, la sua tenuta formale. Non sono i partiti a essere in crisi, ma la politica stessa, perché non ha più parole adeguate per esprimere le sue ragioni. Le parole della politica sono corrose, sono diventate desuete e anche chi dovrebbe difenderle accetta il registro minimalista della querimonia qualunquistica.
Occorre avere il coraggio di rilanciare, contro ogni buon senso comune, la dignità della politica, la bellezza agonistica dei suoi scenari, la sfida della dialettica come meccanismo di decantazione e di trasmutazione delle passioni in atti efficaci.
La politica come atto artistico collettivo, come esperimento creativo del logos che si contrappone efficacemente allo stato di natura: che non rincorre la dimensione primitivistica e le sue disarticolate espressioni, ma ragiona per raffinare gli istinti primari, per contenere le passioni e dare loro visibilità, espressione, forma.
Il ripristino del carattere nobile della tèchne politikè, che è soprattutto una disciplina di articolazione verbale e logica del pensiero: una tecnica che ha alcuni requisiti essenziali, tra cui sta, non secondariamente, la capacità di parlare appropriatamente e, cioè di avere a disposizione un repertorio abbondante di sintagmi, un’ampia ricchezza di lessico, una modulazione variegata di rigorosi registri retorici, perché su questo e non su altro si misura la bontà delle ragioni delle parti che vengono a contesa.
Occorre trovare il coraggio di rilanciare la dimensione lucente del conflitto in cui la ragione mette alla prova le sua virtù e la passione misura la propria potenza. Politica che è artificio, che è eccedenza, che è sfida scandalosa, che è agone e ritmo e misura.
Lo spazio politico è uno spazio polarizzato in cui si giostra armati delle propri virtù: individuali, comunitarie e collettive.
E’ un serissimo gioco che simula la guerra, traducendola sul piano estetico in opera d’arte, sul piano storico in atti efficaci. E questo il teatro della virtù politica: teatro di gesti e di parole giuste ed appropriate.
D’altronde, già dalle parole tragiche eschilee, dovere del politico è ta kairia legein, “ dire le parole opportune al momento opportuno”.
Fare politica è anche in Greco figura di Atena, la dea che sta sulle mura, in armi a custodire la città; che sta dentro il tempio, a proteggerne simbolicamente la forma.
Ma Atena, prima di tutto, è la dea che conosce e governa l’arte del telaio, dell’attenzione concentrata punto per punto, sul punto che chiude il nesso fra trama ed ordito; ma che nel contempo sa tenere l’occhio aperto – il suo occhio chiaro e lucente – sullo schema finale, sul disegno complessivo.
Rigore puntuale e progettualità, calcolo e sguardo lungimirante verso la costruzione complessa dell’ordito: “tessere” la relazione politica è una metafora della difficilissima arte della tessitura, non viceversa.
Atena, la dea senza madre, la dea della polis, è figura che presiede alla concreta costruzione di una trama, da un insieme scomposto di fili.
Che con pazienza e misura, intreccia e complica il filo lineare e gli da spessore, e ne fa tessuto.
Come il filo che si fa tessuto, per sorprendente, abilissimo artificio l’unidimensionalità della linea si trasforma in un corpo consistente, così l’intervento strutturante ed efficace del fare politico è una irruzione sulla linearità dell’esistente, che destruttura il già dato, che prevede una strada prima invisibile; che è capace di alterare rapporti, di trasformare se stessi e gli altri, di inquadrare diverse prospettive del mondo.

10 ottobre 2012

2 - Mario Tronti



"La politica non ci sarà mai,
forse non ci sarà più,
se non si torna a dividere l’uno in due,
al di là di tutte le apparenze sistemiche.. 
Due schieramenti politici, o si motivano su due grandi interessi parziali,
in concorrenza per chi è più capace di curare,
da quel punto di vista,
l’interesse generale,
e confliggono e si contrastano su questo,
oppure sono ognuno una finzione formale
e insieme predispongono una alternativa virtuale.
Una reale alternanza politica chiede grandi alternative tra modelli di società.
La definitiva scomposizione del centro politico chiede la scomposizione politica del centro sociale,
di quell’aggregazione vischiosa,
quotidianamente compromissoria,
di interessi corporativi tra loro solidali
che producono consenso umorale
e che li rappresenta così come sono.
Lo stesso moderatismo va inseguito e rappresentato come tale,
o non va piuttosto dissolto e radicalizzato in opzioni democratiche alternative?....
Scomporre l’idea di gente,
dividere il pensiero unico,
rinviare corpi, ceti, individui ai grandi interessi,
riaggregare la società sui due poli,
è quello che fa,
che può fare,
che deve fare la politica.
La sua vera riforma è questa.
Di qui soltanto diventa possibile il recupero della sua autorità."

09 ottobre 2012

Immaginazione e conoscenza

Pongo alla vostra attenzione una citazione di Mario Tronti 
tratta dal libro: Politica al Tramonto
Si pensa alla politica 
allo stesso modo 
che si fa politica, 
nel conflitto, 
con l'abilità delle mosse 
e la forza delle idee, 
avanzando, 
attaccando 
e aggirando le posizioni dell'avversario,
facendo prigionieri tra i pensieri degli altri
e liberando i propri,
immaginazione e conoscenza,
visione dell'insieme del fronte 
e cura della battaglia 
qui e ora -.
Tutto dovrebbe essere generato da questo travaglio, 
dall'impari lotta tra desiderio e realtà....
avendo come unico fine
il bene comune....
e invece...
Povera Patria.