03 settembre 2012

Il Mito Incapacitante


La contemporaneità è il luogo in cui trova realizzazione la “vita liquida” di cui ha parlato ampiamente il sociologo Zygmunt Bauman.
L’individuo, oggi, è inteso come un entità monodica, irrelata (sic) che vive il proprio “paysage d’action” all’interno di una rete metropolitana vissuta come spazio astratto, quasi come una configurazione mentale.
Ognuno vive un suo personale e distinto spazio materiale/immateriale
ritagliandoselo nella compagine urbana disseminata
e qui interagisce mediante connessioni casuali,
con i “p. d’a” degli altri abitanti con i quali si è in rapporto,
in un punto o in un altro
(uno vale l’altro).
Ciò chiaramente non sottende una dimensione topica dell’agire,
ma risponde ad un nesso in cui la temporalizzazione dello spazio
ha reso ineffettuale e privo di senso,
l’hic et nunc dell’abitare,
ha liquefatto le forme del convivere.
Penso a quanto mi ha detto l’altro giorno un mio amico
sul valore dello sguardo e della parola che gli si accompagna
e a come la piazza sia stata per la nostra civiltà il luogo eminente del confronto,
oggi per ritrovarla abbiamo bisogno di frugare negli scantinati della storia,
l’agorà del dialogo collettivo si trova lì,
sottomessa al mito incapacitante di non sentirsi mai parte di un tutto condiviso.
Ecco il problema.
Il nodo da sciogliere...

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