19 ottobre 2007

ABITARE



Abitare la terra, in senso classico, è desiderio di condividere con gli altri un luogo, nel tempo, attraverso la costruzione di un comune sentire, di una solidarietà collettiva.
La comunità si mantiene in vita se in essa esistono i luoghi dello scambio, in cui si rappresentano e si governano le istanze di vita dei singoli e dei gruppi, il senso di appartenenza ad una comunità si traduce in senso civico, in rispetto delle idee altrui, e così nel confronto, anche serrato, scendendo nell’agone politico, sentendosi parte integrante di qualcosa di condiviso, si perpetua l’immagine di un paese.
Grande è il peso delle responsabilità che derivano dal cercare di dare risposte di senso che valgano per l’oggi e per il domani. Fare politica nel senso pieno del termine è difficile, perché bisogna mediare tra le diverse istanze, avendo presente sempre qual è la rotta da seguire, il miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini.
Non è facile oggi, abitare questa terra nel senso pieno del termine, nel corpo a corpo, nella tensione che è ricerca, aspirazione, siamo impreparati, siamo stati indotti a scambiare la finzione in realtà, abbiamo vissuto senza forti slanci, senza vere passioni, e questo ci ha atrofizzato, la “waste land”, la terra abbandonata, dagli inizi del novecento si staglia indolente all’orizzonte, quasi voglia far abortire sul nascere qualsiasi aspirazione al volo…e ciò lo aveva anticipato con grande capacità visionaria T.S.Eliot.
La capacità di avere visioni che non siano riferibili agli sterili atti contabili gestiti in maniera contabile, con vocabolario contabile dai novelli demiurghi dello sviluppo del territorio è andata perduta, per sempre, colpevole la sciagurata politica di abbandono premeditato della nostra tradizione culturale.
E’ sommamente difficile ma è necessario, oggi, ri-creare luoghi di decantazione, in cui plurime istanze sociali, storiche, antropiche, giorno per giorno trovino le condizioni elementari per poter essere espresse.
I binari della storia, lo ripeto, sono occupati da un treno in corsa chiamato pragmatismo tecnocratico, la ragion pratica ha involuto i linguaggi, aprendo scenari in cui la mentalità contabile, di cui sopra, si è sostituita alla politica intesa in senso classico, e ciò grazie al rivolgimento epocale derivante dal rinchiudersi dell’individuo nella sua nichilistica roccaforte, lontana dal rapporto con l’altro.
I luoghi del vivere vanno intesi come un’opera d’arte collettiva in cui i rapporti reciproci rappresentano il tutto pieno, il grumo su cui in unità e coesione ci troviamo immersi, gioca così un ruolo essenziale per definire uno spazio condiviso la civile, armoniosa, quotidiana convivenza tra gli esseri umani e le cose.
Lo spirito comunitario dovrebbe portare ad un corale I CARE, mi importa, perché tutto è concatenato ed ogni decisione presa seppur piccola ha ricadute enormi.

Una comunità come la nostra che si senta profondamente legata al suo territorio ed in esso radicata ha bisogno di ritrovarsi nei luoghi deputati all’incontro, ne ha bisogno per crescere di quel senso civico che promana dalla consapevolezza di essere parte integrante di un tutto armonico.
L’equilibrio, è riportare la bellezza nei luoghi, possibile solo grazie alla tenacia costruttiva e conservativa degli uomini, che ne costituiscono l’ossatura, è infatti la creatività umana che gioca un ruolo grandissimo nel potenziamento o nel depauperamento della natura dei luoghi.
Noi viviamo in un contesto sociale ed urbano degradato, l’invidia sociale frena lo sviluppo di questo paese, le strutture amministrative poste in essere per semplificare la vita del cittadino sono strutturate per complicarla, l’amministrazione italiana è la più burocratizzata dell’occidente, la più richiusa in se stessa, e soltanto da poco si sta cercando con fatica di alleggerirne il gravame.
Per l’oggi, sarebbe utile un programma di ricostruzione dei luoghi dello scambio a partire da una necessaria pacificazione sociale , che dia rinnovato vigore e slancio alla politica, il potersi guardare negli occhi gli uni con gli altri, e riconoscersi, sarebbe il primo passo verso una rinnovata sensibilità volta all’attenzione, alla cura…
un piccolo segno di buona volontà…

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