- Riconosciamo di essere semplici custodi della vita
- Armonizziamo il nostro respiro con quello dell'universo
e facciamoci carico della sofferenza del mondo...
amando..
29 ottobre 2010
la lacerazione del senso
Ti accorgi che non siamo più in cammino,
che siamo schiavi di un mondo senza vere passioni,
legati al censo,
affamati solo di potere,
seminatori di odio e maldicenze,
indaffarati ad escludere tutto...anche noi stessi...
da noi
é una mancanza di prospettive ideali che ci ha portato a questo sfacelo,
assistiamo giorno per giorno impotenti ad uno spettacolo disgustoso..
da fine impero...
le giovani generazioni
crescono in un brodo di coltura
pieno di negatività,
quale futuro li aspetta,
di quali segni
ci sarà bisogno per far comprendere a tutti
che la terra grida.......di dolore
e mi chiedo cosa o chi potrà acquietare questo singulto disperato,
se le parole sono spente
e le pietre non parlano più..
che siamo schiavi di un mondo senza vere passioni,
legati al censo,
affamati solo di potere,
seminatori di odio e maldicenze,
indaffarati ad escludere tutto...anche noi stessi...
da noi
é una mancanza di prospettive ideali che ci ha portato a questo sfacelo,
assistiamo giorno per giorno impotenti ad uno spettacolo disgustoso..
da fine impero...
le giovani generazioni
crescono in un brodo di coltura
pieno di negatività,
quale futuro li aspetta,
di quali segni
ci sarà bisogno per far comprendere a tutti
che la terra grida.......di dolore
e mi chiedo cosa o chi potrà acquietare questo singulto disperato,
se le parole sono spente
e le pietre non parlano più..
10 ottobre 2010
INDIGNATO 1
Hai presente quell'occhio indagatore che entra dentro le viscere, le carni e scava..amorevolmente accolto nelle case degli italiani benpensanti, mentre sono al riparo dalla tempesta.. nel comodo delle poltrone, appisolati..
nel tepore accogliente delle casette
nel quieto dormiveglia pre serale...
entro la calda cerchia dei vicini,
ecco che guardiamo i lontani con partecipazione supponente,
partecipi perchè siamo intramoenia,
protetti,
riparati....
dal diverso
che è colui
che siamo invitati ogni santa sera a giudicare,
grazie agli strumenti che una lercia televisione ci mette a disposizione,
la genesi della spettacolarizzazione del mondo ha trovato alfine il suo compimento nella brutalità con la quale esponiamo la sofferenza sotto riflettori spietati da grande fratello orwelliano.
La macelleria degli sguardi, pornografia dei sentimenti si è realizzata.
La nudità di Fini nelle prime pagine dei giornali e la nudità degli sguardi dei parenti di Sarah Scazzi, rappresentano l' azzeramento di ogni valore etico frutto di una strategia che ci rende fintamente onnipotenti, perchè capaci di share.
Non hanno pudore, mettono sistematicamente tutto nel tritacarne, per vendere un prodotto, annullando ogni parvenza di umanità, fanno prevalere su tutto la finzione, l'artificio.. siamo in piena barbarie , cher ami e dobbiamo navigare a vista... the show must go on...
oggi io
mi sono scandalizzato
mentre vedevo il loro corpo
il loro molle corpo
esposto come merce di scambio,
a tanto al kilo,
immerso nell'insignificanza di un becero cortile pettegolo
in un banale talk show.
STACCHETTO PUBBLICITARIO
e non centra nulla la banalità del male,
si è celebrato in diretta
tra luci e pallettes
una presunta ricerca di verità,
si cercava di pescare nel torbido,
di dare senso ad un pregiudizio,
il buco nero che ha generato il mostro,
la famiglia...
...d'un tratto un sussulto
frutto di una vertigine
dello sguardo....
....che non rientrava
nella finzione
da lacrima a gettone......
un pieno,
ho spento la tv.
nel tepore accogliente delle casette
nel quieto dormiveglia pre serale...
entro la calda cerchia dei vicini,
ecco che guardiamo i lontani con partecipazione supponente,
partecipi perchè siamo intramoenia,
protetti,
riparati....
dal diverso
che è colui
che siamo invitati ogni santa sera a giudicare,
grazie agli strumenti che una lercia televisione ci mette a disposizione,
la genesi della spettacolarizzazione del mondo ha trovato alfine il suo compimento nella brutalità con la quale esponiamo la sofferenza sotto riflettori spietati da grande fratello orwelliano.
La macelleria degli sguardi, pornografia dei sentimenti si è realizzata.
La nudità di Fini nelle prime pagine dei giornali e la nudità degli sguardi dei parenti di Sarah Scazzi, rappresentano l' azzeramento di ogni valore etico frutto di una strategia che ci rende fintamente onnipotenti, perchè capaci di share.
Non hanno pudore, mettono sistematicamente tutto nel tritacarne, per vendere un prodotto, annullando ogni parvenza di umanità, fanno prevalere su tutto la finzione, l'artificio.. siamo in piena barbarie , cher ami e dobbiamo navigare a vista... the show must go on...
oggi io
mi sono scandalizzato
mentre vedevo il loro corpo
il loro molle corpo
esposto come merce di scambio,
a tanto al kilo,
immerso nell'insignificanza di un becero cortile pettegolo
in un banale talk show.
STACCHETTO PUBBLICITARIO
e non centra nulla la banalità del male,
si è celebrato in diretta
tra luci e pallettes
una presunta ricerca di verità,
si cercava di pescare nel torbido,
di dare senso ad un pregiudizio,
il buco nero che ha generato il mostro,
la famiglia...
...d'un tratto un sussulto
frutto di una vertigine
dello sguardo....
....che non rientrava
nella finzione
da lacrima a gettone......
un pieno,
ho spento la tv.
04 ottobre 2010
"Il tempo nostro è l'unico che abbiamo a disposizione e occorre occuparlo con determinazione e con dignità." (R. Pierantoni)
Sono convinto che la socializzazione è il rimosso della modernità, è siccome la socializzazione è lo spazio entro cui è possibile costruire un ragionamento sulla politica, ergo la modernità tende a negare la politica e l’idea stessa di società. La vocazione autentica della modernità è spoliticizzare la società. Non si discute più della socializzazione, del legame sociale, del modo in cui siamo vincolati ( la Paideia era centrale per i Greci e per i Cristiani, non lo è per noi che vogliamo una scuola “ neutrale e pluralista”.) Come affermava Cornelius Castoriadis, “la politica democratica non è altro che la socializzazione consapevole, il tentativo di padroneggiare il processo nel quale, attraverso l’esperienza quotidiana, si realizza la socializzazione della psiche.” Ci si socializza parlando, discutendo, leggendo il giornale, stringendo le mani, andando al bar… Tutto ciò è in gran parte un accadere che noi viviamo come fatto naturale, come si trattasse di funzioni biologiche, ma in realtà è un processo storico-sociale dal quale è possibile prendere le distanze solo attraverso la riflessione. Questo processo storico – sociale viene negato nella modernità, che riconosce solo l’individuo senza legami. Bisogna però capire che i soli diritti soggettivi rendono vulnerabile chi li invoca, mentre il governo consapevole della socializzazione come sfera che appartiene all’esperienza di sé attraverso gli altri e con gli altri, pone limiti allo strapotere dei forti. La socializzazione è legata allo spazio simbolico e se non c’è spazio simbolico non ci può essere socializzazione. D’altronde lo spazio simbolico è veramente tale se rende presente qualcosa che è assente. L’idea di rappresentanza politica è stata costruita sulla base di riferimenti sociali e collettivi, ma oggi ( proprio perché viviamo una fase di disgregazione) la rappresentanza non funziona più e non c’è spazio simbolico, giacchè non c’è legame tra il singolo e il gruppo. L’origine greca della parola simbolo è sym – ballein, cioè mettere insieme. Il simbolo mette insieme poiché rappresenta la possibilità attraverso una parte ( uno spadaforese) di rappresentare il tutto (gli spadaforesi). Questa idea è stata distrutta dalla modernità attraverso il processo di singolarizzazione: per questo non ci può essere più rappresentanza. Ci siamo talmente impoveriti perché abbiamo affermato l’assurdità che ciascuno si auto garantisce e si autoriconosce: L’altro è scomparso. Senza vera alterità non c’è conflitto vero e senza conflitto vero non c’è trasformazione della realtà e creazione dello spazio simbolico condiviso. Le passioni sono state neutralizzate. La modernità è una rimozione degli affetti, delle passioni, delle paure, quindi , e proprio per questo è una neutralizzazione della creatività. Al posto della piazza, luogo simbolico per eccellenza della città che rimanda al mondo degli affetti, si sostituisce un'altra piazza, questa, telematica, che è una connessione di segni funzionali che attivano altri segni, ma che non mettono in campo nessuna vera corporeità e comportano una scissione tra il corpo appunto e la parola, lo sguardo. L’anonimia non fa altro che accentuare ulteriormente questo distacco, confermare se ce ne fosse bisogno qual è il portato culturale della modernità, la strenua difesa della propria egoistica sicurezza. Da che discende come corollario che urge una rioccupazione degli spazi del vissuto, un riconoscersi, un condividere, anche e proprio a partire da questo luogo virtuale.
Sono convinto che la socializzazione è il rimosso della modernità, è siccome la socializzazione è lo spazio entro cui è possibile costruire un ragionamento sulla politica, ergo la modernità tende a negare la politica e l’idea stessa di società. La vocazione autentica della modernità è spoliticizzare la società. Non si discute più della socializzazione, del legame sociale, del modo in cui siamo vincolati ( la Paideia era centrale per i Greci e per i Cristiani, non lo è per noi che vogliamo una scuola “ neutrale e pluralista”.) Come affermava Cornelius Castoriadis, “la politica democratica non è altro che la socializzazione consapevole, il tentativo di padroneggiare il processo nel quale, attraverso l’esperienza quotidiana, si realizza la socializzazione della psiche.” Ci si socializza parlando, discutendo, leggendo il giornale, stringendo le mani, andando al bar… Tutto ciò è in gran parte un accadere che noi viviamo come fatto naturale, come si trattasse di funzioni biologiche, ma in realtà è un processo storico-sociale dal quale è possibile prendere le distanze solo attraverso la riflessione. Questo processo storico – sociale viene negato nella modernità, che riconosce solo l’individuo senza legami. Bisogna però capire che i soli diritti soggettivi rendono vulnerabile chi li invoca, mentre il governo consapevole della socializzazione come sfera che appartiene all’esperienza di sé attraverso gli altri e con gli altri, pone limiti allo strapotere dei forti. La socializzazione è legata allo spazio simbolico e se non c’è spazio simbolico non ci può essere socializzazione. D’altronde lo spazio simbolico è veramente tale se rende presente qualcosa che è assente. L’idea di rappresentanza politica è stata costruita sulla base di riferimenti sociali e collettivi, ma oggi ( proprio perché viviamo una fase di disgregazione) la rappresentanza non funziona più e non c’è spazio simbolico, giacchè non c’è legame tra il singolo e il gruppo. L’origine greca della parola simbolo è sym – ballein, cioè mettere insieme. Il simbolo mette insieme poiché rappresenta la possibilità attraverso una parte ( uno spadaforese) di rappresentare il tutto (gli spadaforesi). Questa idea è stata distrutta dalla modernità attraverso il processo di singolarizzazione: per questo non ci può essere più rappresentanza. Ci siamo talmente impoveriti perché abbiamo affermato l’assurdità che ciascuno si auto garantisce e si autoriconosce: L’altro è scomparso. Senza vera alterità non c’è conflitto vero e senza conflitto vero non c’è trasformazione della realtà e creazione dello spazio simbolico condiviso. Le passioni sono state neutralizzate. La modernità è una rimozione degli affetti, delle passioni, delle paure, quindi , e proprio per questo è una neutralizzazione della creatività. Al posto della piazza, luogo simbolico per eccellenza della città che rimanda al mondo degli affetti, si sostituisce un'altra piazza, questa, telematica, che è una connessione di segni funzionali che attivano altri segni, ma che non mettono in campo nessuna vera corporeità e comportano una scissione tra il corpo appunto e la parola, lo sguardo. L’anonimia non fa altro che accentuare ulteriormente questo distacco, confermare se ce ne fosse bisogno qual è il portato culturale della modernità, la strenua difesa della propria egoistica sicurezza. Da che discende come corollario che urge una rioccupazione degli spazi del vissuto, un riconoscersi, un condividere, anche e proprio a partire da questo luogo virtuale.
02 ottobre 2010
riunire ciò che è sparso
“ Costruire, significa collaborare con la terra, imprimere il segno dell’uomo su un paesaggio che ne resterà modificato per sempre; contribuire inoltre a quella trasformazione che è la vita stessa della città. Quanta cura, per escogitare la collocazione esatta d’un ponte e di una fontana, per dare a una strada di montagna la curva più economica che è al tempo stesso la più pura….
Ho ricostruito molto: e ricostruire significa collaborare con il tempo nel suo aspetto di passato, coglierne lo spirito o modificarlo, protenderlo, quasi, verso un più lungo avvenire; significa scoprire sotto le pietre il segreto delle sorgenti.”
(M. Yourcenar, Memorie di Adriano)
Viviamo in una democrazia che ha perduto la sua legittimazione partecipativa senza aver guadagnato dall’altro lato in capacità decisionale, indispensabile oggi ancor più di ieri per governare società complesse e sofisticate.
Compito della Politica è non disattendere la questione di portare le bellezza nei luoghi che ne sono privi, in quanto essa è la risultante della tensione dialettica tra due opposti, sintesi etico-estetica dell’atto creativo dato dalla decisione.
Per far ciò, bisogna intessere con i gruppi sociali un rapporto di collaborazione - conflitto mirato al riconoscimento dei luoghi dello scambio, per ricostruire i topoi del dialogo, dove l’artificio in contrapposizione alla naturalità diventa essenza della cultura dell’uomo, specchio dell’evoluzione possibile del mondo.
Il decadimento attuale è frutto di un arretramento dell’uomo verso posizioni individualiste.
Tra i sistemi di pianificazione operanti nel mondo occidentale quello italiano è uno dei più burocratizzati e più lontani dal mondo della vita.
Il funzionamento degli uffici di piano è penosamente formalistico e chiuso;
la mentalità standard dei funzionari e dei professionisti è orientata sulle norme, sulle leggi e sulle procedure, piuttosto che sui problemi, sui destinatari e sui progetti.
AUMENTARE , NEL GOVERNO DELLA CITTA’, IL GRADO DI SOSTANTIVITA’, DI PIENEZZA DEMOCRATICA, DI SENSIBILITA’ AI PROBLEMI, DI ASCOLTO E DI PROSSIMITA’ AGLI ABITANTI E’ QUINDI UN OBIETTIVO CHE E’ POSSIBILE AVVICINARE IN MOLTI MODI.
Porsi in ascolto critico nell’analisi territoriale, per qualificare i risultati non come semplice sommatoria di quantità ma come virtuosa disamina di specificità qualitative.
L’ascolto critico costruisce il fabbisogno, cerca i bisogni taciuti, i desideri inespressi.
Gli abitanti non sono genericamente utenti, gente comune, atomi statistici…..
Sono un popolo strutturato, articolato, contraddittorio;
gli abitanti sono persone, di più sono volti, sguardi, portatori di passioni, ricchi di conoscenze, di saperi, gli abitanti vivono...
Bisogna fare politica facendo anima, corpo unico, affinchè le idee siano il frutto maturo di una conversione collettiva al bene comune.
Per fare progetto c'é bisogno di giocatori che nel territorio agonale sappiano filtrare mediante il senso critico le decisioni frutto delle tensioni conflittuali che fanno parte del gioco.
Solo a partire da un grado di progettualità situata, che implica l’insediamento di un progetto, ed in un certo senso l’unico progetto possibile di insediamento, riscoprire il Genius Loci, come sostrato sotterraneo, in continua ebollizione, humus vitale: signatura profonda.
Oggi che la cultura generale affiorante è il pensare metropolitano, che la cultura tecnologica dei media uniforma le intelligenze e le appiattisce su un non luogo mentale privo di radicamento, di terrestrità, si possono riannodare i fili della collettività soltanto in un orizzonte che ridefinisca, dando sostanza, le vere ragioni della comunità insediata.
Bisogna disseppellire il pensiero profondo, dalla coltre sovrastrutturale dei linguaggi della contemporaneità e rivivificare l’imprinting culturale ( lingua, tradizioni, saperi, tecniche, concezioni e sistemi di pensiero), ripristinando la centralità del locus e da lì ricominciare la conquista degli spazi della contemporaneità.
Bisogna fare politica facendo anima, corpo unico, affinchè le idee siano il frutto maturo di una conversione collettiva al bene comune.
Per fare progetto c'é bisogno di giocatori che nel territorio agonale sappiano filtrare mediante il senso critico le decisioni frutto delle tensioni conflittuali che fanno parte del gioco.
Solo a partire da un grado di progettualità situata, che implica l’insediamento di un progetto, ed in un certo senso l’unico progetto possibile di insediamento, riscoprire il Genius Loci, come sostrato sotterraneo, in continua ebollizione, humus vitale: signatura profonda.
Oggi che la cultura generale affiorante è il pensare metropolitano, che la cultura tecnologica dei media uniforma le intelligenze e le appiattisce su un non luogo mentale privo di radicamento, di terrestrità, si possono riannodare i fili della collettività soltanto in un orizzonte che ridefinisca, dando sostanza, le vere ragioni della comunità insediata.
Bisogna disseppellire il pensiero profondo, dalla coltre sovrastrutturale dei linguaggi della contemporaneità e rivivificare l’imprinting culturale ( lingua, tradizioni, saperi, tecniche, concezioni e sistemi di pensiero), ripristinando la centralità del locus e da lì ricominciare la conquista degli spazi della contemporaneità.
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