Sono contro le architetture di carta,
quelle che si vedono nelle riviste patinate, raccolte di pezzi sparsi, d’un gigante smembrato, come lacerti di carne ricomposta dove non c’è anima… si perde nella levigata politezza di pagine e pagine che raccontano di forme concluse, anteriori, sganciate, staccate, ignare del mondo, oggetti dello show business mediatico, spettacolarizzate…. architetture di carta, bellissime… razionali quando non creative.
Occorre uno sforzo ulteriore, intellettuale, e riandare alla radice, alla radicalità del pneuma, nella certezza che sarebbe meglio, molto meglio, blandire, sfiorare fisicamente la suburbia, immergersi nelle stanze dello spirito, abitarne l’interno, all’interno, architetture di cartone, di lamiera, storcinata, contorta, riposte su tonnellate d’immondizia, prodotto semplificato, raccolto, derubricato dalla genetica progressiva del grande mercato, che è materia d’architetti. Appunto. Starsene lì, ad ascoltare il soffio del vento che sibila e crea opere d’arte espressive, suoni come rigurgiti di civiltà alla deriva, come volti che vivono quest’onta nella speranza d’una rinascita..ascoltare, vedere, sentire empateticamente come si muove quest’umanità dimenticata, sentire il loro canto di sofferenza..musica celeste…”la pietra scartata dai costruttori è diventata testata d’angolo”.
Ditemi , oggi, il senso di quella missione rigenerante cui siamo stati chiamati da giovani a scuola, quando alcuni, non tutti c’insegnavano le ragioni morali del nostro ruolo, e questo faceva breccia e diventava passione., amore, pathos. dove sono costoro, i cantori della “mission”, hanno forse autisti, aerei, vivono lontani nel loro mondo incantato, dove non soffia spirito, come non soffia nelle asettiche stanze del potere accademico, politico, non so….
Così pochi illuminati o creativi vengono collocati in vetrina, con le loro architetture, poste, calate, su piccolissime risibili parti di questo immenso, complesso mondo che ci troviamo a vivere, male.
Architetture di carta, nate già morte, ..demoliamole sulla carta, per la carta, a causa della carta, scrivendo col sangue sulla carta , il nostro sangue che rigenera….linfa profonda che si spande…
Da anni non compro più riviste, i miei riferimenti architettonici sono i volti, i luoghi… Il mio, il tuo…il vissuto, traggo da lì i miei spunti e li trascrivo e scrivo la storia, la mia la nostra, partendo dalla trama iridescente che illumina questo mondo, energia che promana dalle cose, che attende di essere percepita, compresa, nuovamente e sempre.
Empatia.
Sono contro il lezioso, pedante blaterare di colleghi architetti, che pontificano, sentenziano, si esprimono certi che il loro sguardo saccente faccia da paravento a tutto, figli partoriti male, legati a doppio filo a logiche di potere, senz’anima; li senti raccontare, descrivere il mondo, ma la loro storia è autoreferenziale, parlano sempre e solo di se stessi, si parlano addosso, reiterano messaggi, la loro architettura è la loro architettura, richiusa, introflessa, non appartiene al mondo.
pazzi architetti servi del padrone.
Sono contro le fibrillazioni, la tesi secondo cui la percezione dinamica del movimento deve essere doppia tripla, deve in un escalation entropica autorappresentarsi, nemesi della catastrofe Thomiana, auto compiacimento espressionista, non architettura perché ne scardina le ragioni sostanziali, l’essere misura di tutte le cose, pietra che delimita il mondo e lo richiude.
Sono contro……